Nel 2019 un minuto su Internet equivaleva a 4,5 mln di video visti su YouTube, 3,8 mln di ricerche su Google, 694 444 ore passate su Netflix, e ancora 41,6 mln di messaggi inviati sulle piattaforme Facebook Messenger e Whatsapp. Cifre vertiginose che danno un’idea della prevalenza delle pratiche digitali oggi. Sempre nel 2019, 5,1 mld di esseri umani possedevano un telefono mobile e 4,4 utilizzavano Internet. 3,48 mld di individui, cioè il 45% della popolazione mondiale, erano presenti sui social. Secondo il centro di ricerca TeleGeography, circa il 99% del traffico dati e delle comunicazioni telefoniche transita nelle profondità dii mari e oceani grazie ai 408 cavi sottomarini oggi in servizio. Nel 2020 il mercato del cavo sottomarino viene calcolato in 13 mld di dollari, e si stima che raggiungerà 22 mld nel 2025. Si tratta per lo più di beni privati, dal costo oscillante tra i 100 e i 500 mln di $, seppur non quanto la loro alternativa satellitare, come dimostra il progetto OneWeb Satellites di Airbus e OneWeb, chiuso anche a causa dei costi esorbitanti nel marzo 2020. I cavi sono posati a una velocità massima di 200 km al giorno da navi in grado di trasportare fino a 2 000 km di cavi. Nelle aree offshore sono adagiati sul fondo del mare mentre, sulla piattaforma continentale, un aratro li interra e protegge dai danni accidentali, solitamente ancoraggi. Lontano dall’immaginario di dematerializzazione, il mondo digitale viaggia su infrastrutture materialissime, reti sorte nel XIX secolo con l’invenzione del telegrafo e l’installazione, nel 1850, del primo cavo tra Dover, in Inghilterra, e Cap Griz-Nez in Francia. Lo sviluppo dei cavi sottomarini si espande con l’installazione del Tat-8 nel 1988, il primo modello a fibra ottica che collega la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Questa nuova tecnologia dalle capacità di trasmissione superiori fa presagire l’era degli altissimi flussi, a scapito dei satelliti che oggi garantiscono solo lo 0,37% del trasporto dati. Con lo sviluppo esponenziale di Internet e la predominanza del digitale su tutte le attività umane, insieme ai punti di attracco sul litorale i cavi diventano elementi determinanti per assicurare la connettività di un paese. Materializzano poste in gioco fondamentali di sviluppo economico e potenza geopolitica. Assicurando il trasporto dei dati, il cavo sottomarino è per la cibernetica quello che la portacontainer è per la globalizzazione. Nel 2019 le tre principali rotte dei flussi di dati collegavano l’America del Nord a quella del Sud, all’Europa e all’Asia. L’oceano Atlantico, soprattutto quello settentrionale, svolge da sempre un ruolo di primo piano. E gli Stati Uniti si trovano al centro di questi scambi, perché ospitano 10 su 13 dei root server incaricati di smistare tutta la navigazione online. Secondo la National Security Agency (Nsa), nel 2017 transitava negli Stati Uniti l’80% dei flussi di dati. L’arrivo dei Gafam (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) in questo settore, a lungo riserva di caccia dei grandi operatori delle telecomunicazioni, ha stravolto la gerarchia in vigore fin dagli Anni 90, moltiplicando i partenariati sotto forma di consorzi per condividere i costi di costruzione e gestione dei cavi sottomarini, ma anche favorendo gli investimenti in progetti propri per assicurarsi un controllo sulle autostrade del Web. Queste aziende realizzano oggi circa il 50% degli investimenti nel settore contro il 5% di 10 anni fa.