
L’Italia che fa impazzire il mondo
Bella ma (non) ci vivrei. La narrazione dell’Italia, Anno Domini 2025, è un melodramma in perpetuo svolgimento, una sinfonia dove le note si rimescolano, ma la musica rimane la stessa: quella di un Paese che si lascia vagheggiare come una diva d’altri tempi, impomatata e ritoccata in Photoshop, ben felice di compiacere i suoi ammiratori cosmopoliti. Il mondo continua a guardarci così, e noi, con il nostro sorriso sornione, lasciamo che ci creda. Goethe parlava di “terra dove fioriscono i limoni” con l’identico stupore di un turista contemporaneo che instagramma i Faraglioni di Capri, convinto di essere il primo a scoprirne la bellezza. La stessa ingenuità si applica ai tramonti sulle Cinque Terre, ai mercati di Palermo, alle serate romane con Negroni in mano a Piazza Navona o alle foto con i piccioni meneghini davanti al Duomo. Tutto questo, condito con la bellezza chiassosa di Napoli e la languida eleganza di Amalfi. Del resto, chi non sogna un’estate tricolore in stile pubblicità di Dolce & Gabbana o una storia d’amore alla Vacanze romane? Laura Rysman, penna raffinata di Monocle, The New York Times e altre pubblicazioni di culto del lifestyle americano; Laura May Todd, giornalista per T Magazine, Wallpaper e autrice del sofisticato Italian Interiors. Rooms with a View (Phaidon, 2024); Marina Cacciapuoti, fondatrice con il fratello Cesare Achille del sito e “bookzine” Italy Segreta, confermano ciò che ogni italiano dotato di un minimo di autocoscienza già sa: la cartolina del Bel Paese resta ancora zuccherosa e oleografica, ai limiti della glicemia culturale..

scrive per t magazine, wallpaper ed è autrice di italian interiors. rooms with a view (phaidon). qui, casa mollino

aura may todd
Bipolarismo psicogeografico
Come ogni cosa eccessivamente dolce, lascia un retrogusto stucchevole e una leggera nausea estetica. «Il turismo verso l’Italia, dall’America, è letteralmente esploso», afferma Rysman. «Tutti vogliono venirci: il cibo è buono, i paesaggi mozzafiato, le persone belle, ma soprattutto il vostro modo di vivere, che negli Stati Uniti non esiste: la gestione del tempo è più rilassata, il lavoro meno stressante, il glamour della moda e del design è ineguagliabile, la vita viene accettata così com’è, senza isterismi. È bastata una serie come White Lotus», girata nella seconda stagione all’hotel San Domenico, «per trasformare Taormina da un’elegante signora decadente in un nuovo tempio del jet-set internazionale. Un’operazione di restyling che ha oscurato, almeno temporaneamente, le vecchie ombre mafiose, sostituite da terrazze barocche e mojito con vista sull’Etna. Ma dietro questa cartolina perfetta, secondo me il maschilismo continua a regnare indisturbato: in America il “bunga bunga” è ancora fonte di battute e quasi nessuno conosce le lotte per i diritti compiute dalle donne e le scrittrici femministe, con l’eccezione di Elena Ferrante. Certo, con il tempo, l’Italia ha perduto, fortunatamente, quel rischio di luogo pericoloso che l’aveva bollata negli anni del terrorismo come meta sconsigliabile: c’è molta più violenza da noi». Rysman sta ora lavorando a un’inchiesta per Monocle sui giovani imprenditori che coltivano vitigni alle pendici dell’Etna per produrre vini pregiatissimi: «Una storia che non ha ricevuto molta attenzione nemmeno in Italia, dove il racconto mediatico lascia poco spazio alle nuove generazioni, strette tra una politica discutibile e un’economia sempre più precaria».


decostruire i cliché turistici: marina cacciapuoti, fondatrice con il fratello cesare achille del sito e “bookzine” italy segreta.
Ma davvero l’Italia resta un Paese patriarcale? «Le racconto un aneddoto: vivo a Firenze da 14 anni, sposata con uno svedese. Ma spesso, non sempre, mi scambiano per l’assistente di mio marito, che ogni tanto mi accompagna. Però c’è un rispetto per gli anziani che da noi è scomparso: ogni bar ha il suo vecchietto in pensione, ed è una presenza stranamente consolatoria». Laura May Todd, canadese trapiantata a Milano, racconta nel suo libro la vera anima delle dimore italiane: 50 case che riflettono storie di design, arte e quotidianità senza patine folkloristiche. «Il vostro Paese, fuori dai suoi confini, sembra abitato solo da boomer», afferma. «Non c’è fiducia nei giovani, quando invece proprio l’innovazione dovrebbe essere la vera bandiera del Paese». Todd, con l’occhio della giornalista raffinata, suggerisce una pluralità di “occhiali” con cui leggere l’Italia: moda, design, artigianato, scienza e società. «Mi ha colpito molto il progetto di un collettivo di giovani designer nel quartiere di Corvetto durante il Fuorisalone 2024: un angolo di innovazione che sfugge ai soliti stereotipi. Inoltre, c’è un bipolarismo psicogeografico tra Nord e Sud: a Milano, la velocità; a Napoli, la filosofia del tempo elastico». E non ci rende più affascinanti? «Questa dualità offre una ricchezza culturale senza pari, ma porta con sé anche discrepanze socioeconomiche e infrastrutturali», risponde. Come italiana adottiva, che cosa ci sarebbe da aggiustare? «Un maschilismo diffuso: dopo pochi giorni che ci andavo, il panettiere si è rivolto a me chiamandomi “tesoro”: avrebbe fatto lo stesso con uomo? E aggiungo un’altra cosa: si deve imparare ad accettare la diversità, in ogni sua forma: sessuale, politica, culturale, senza assecondare la retorica della patria e delle donne madri e mogli prima che professioniste».

la seconda stagione di the white lotus, ambientata a taormina.

laura rysman: vive a firenze, scrive per the new york times e monocle.
Marina Cacciapuoti è ancora più pungente: con Italy Segreta, creata durante il Covid-19, cerca di decostruire i cliché turistici e dare spazio a un’Italia più autentica. «Viviamo ancora immersi in una zuppa di stereotipi: gondole veneziane, nonne in vetrina che impastano per i turisti nei ristoranti all you can eat di Firenze, la Toscana è tutta colline, la Sicilia tutta padrini, il Lago di Como tutto George Clooney. A me e a mio fratello interessava restituire un’immagine vera, vista la ricchezza dei dialetti, delle cucine e dell’artigianato – sacrificato sull’altare del consumismo globale, con i souvenir Made in Italy in realtà, spesso, Made in China. Torno ora da un servizio su Padova, che ha tesori mirabili ma che pochi conoscono, come la Cappella degli Scrovegni. Eppure, grazie anche a film stile Mangia prega ama, regna sovrana l’ignoranza su quella che è la nostra caratteristica più importante: l’aver mantenuto una dimensione e una visione provinciale, laterale». E di chi è la colpa? «Tutta nostra. L’orrida campagna Open to Meraviglia, con la Venere di Botticelli trasformata in influencer, ne è la prova lampante. Il nostro cinema, la nostra letteratura e persino il nostro teatro raccontano storie di piccole tragedie domestiche. Antonioni non aveva bisogno di New York per raccontare il vuoto esistenziale, gli bastava Ferrara. Ma quanti italiani conoscono Antonioni? Serve più formazione per i tour operator che sembrano non voler esaltare l’Italia reale in favore di immagini patinate e verità annacquate. In fondo, la nostra vera “grande bellezza” risiede proprio nelle sue imperfezioni». Perché, diciamolo con l’autoironia che ci contraddistingue: la torta a strati è sempre la stessa, e mentre i turisti si godono la panna e le ciliegine, noi continuiamo a digerire il ripieno – spesso troppo pesante per chi, qui, ci vive davvero.