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Los Angeles

Los Angeles torna a brillare, ma più diseguale.

Il 13 febbraio scorso, Los Angeles ha accolto il 56° Super Bowl, finale di campionato di football americano. Per un europeo è difficile immaginare l’importanza di un momento simile, ma gli angelenos hanno provato un’eccitazione mista a fierezza. Erano 29 anni che aspettavano di poter ospitare questa cerimonia sportiva che riunisce gli americani. In più, il match ha avuto luogo nel magnifico SoFi Stadium di Inglewood, che ha accolto i suoi primi spettatori nel settembre 2021. La sua costruzione è costata 5,5 mld di dollari, cosa che ne fa la sede sportiva più costosa mai costruita. Il suo tetto, una volta traslucida di 100 000 mq incrostata di 27 000 diodi elettroluminescenti, può ornarsi di disegni luminosi visibili persino dagli aerei in fase di atterraggio all’aeroporto internazionale. È lì, inoltre, che si svolgerà la cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici estivi, nel 2028. Los Angeles accoglierà questo evento per la terza volta: una performance straordinaria per una “metropoli di provincia”. Vero è che, con Osaka, si tratta della più popolata tra i Paesi sviluppati, con quasi 19 mln di abitanti, e soprattutto la più prospera. Quando Los Angeles è stata colpita dalla crisi del Covid-19, l’ottimismo era al massimo. Un decennio di crescita aveva fatto aumentare il potere di acquisto dei suoi abitanti del 18,5%. Il tasso di disoccupazione era sceso al 4,2%, un livello mai raggiunto dall’epoca hippie. Mai come nel decennio che ha preceduto la crisi sanitaria, infatti, la SoCal (Southern California) way of life – un quarto di sole, un quarto di creatività, un quarto di ottimismo, un quarto di tragitti in auto – ha dimostrato la sua efficacia. Tecnicamente provinciale, Los Angeles non era certo la megalopoli più cool del Pianeta: i laureati lavoravano in short e T-shirt anziché in completo e arrivavano in ufficio in skateboard, con la tavola da surf sottobraccio o in Aston Martin. Era tutto parte dello stesso spirito libero, rilassato, senza fronzoli del luogo. Ma dallo scoppio della pandemia i licenziamenti, immediati e brutali, hanno fatto quadruplicare il numero dei disoccupati. In due mesi, un angeleno su sei si è trovato senza lavoro! La maggior parte opera infatti nel settore alberghiero e nella ristorazione, nell’educazione e nei servizi alla persona: attività economiche che il confinamento ha stroncato di netto.

SILVERLAKE California
los angeles

Silver lake, nell’eastside: street art, caffé, cucina etnica e un parco sul lago.

Lavoratori cercasi

Fortunatamente, l’economia è presto ripartita: dal maggio 2020, le imprese hanno ricreato 1,2 mln di impieghi e il tasso di disoccupazione all’inizio del 2022 è tornato al 7,2%. La ripresa è tale che una gran quantità di lavoro resta vacante ed è pieno ovunque di cartelli “We Hire”. «La popolazione attiva in effetti è diminuita: durante la pandemia alcuni lavoratori anziani hanno anticipato la loro pensione, alcuni hanno lasciato il loro piccolo lavoro mal pagato e altri si sono trasferiti in Stati in cui avere una casa costa meno», sottolinea William Yu, economista alla Ucla Anderson School Management. Oggi la Grande Los Angeles produce quindi quasi la stessa ricchezza di prima della pandemia, con il 7% dei lavoratori in meno. Questa penuria di lavoratori, così come l’accelerazione della crescita (4,2% prevista nel 2022, malgrado Omicron), determina un nuovo abbassamento del tasso di disoccupazione. Se il recupero è stato così rapido, è perché la California del Sud è diversificata, globalizzata e molto innovativa. Crocevia primari del commercio internazionale, i due porti gemelli di Los Angeles e Long Beach hanno visto transitare sulle loro piattaforme il 21% in più dei container rispetto al 2019! Gli ordini online degli americani sono stati raddoppiati in due anni, cosa che ha fatto esplodere le importazione di mobili, televisori, computer… prodotti in Asia. Alla fine del 2021, più di 100 navi restavano al largo in attesa di poter entrare in porto e trovare un posto. I due porti sono stati costretti a rimanere aperti 7 giorni su 7, 24 ore su 24, a causa della penuria di lavoratori notturni e di conducenti di camion. L’efficace catena logistica che li contraddistingue (depositi giganteschi e automatizzati che costituiscono la più grande zona industriale del Paese) non permette in ogni caso di consegnare merci a Chicago o Houston in due giorni. «Nel 2020 e 2021, il settore logistico ha creato quasi 50 000 nuovi impieghi. Quanto al prezzo di locazione dei depositi, è raddoppiato in sei anni perché non c’erano più spazi disponibili», spiega John Husing, fondatore del centro di ricerca Economics & Politics Inc. Altro pilastro dell’economia locale che ha patito poco per il Covid-19: l’industria dell’entertainment, che da un secolo concorre alla fama della città. Se le sale cinematografiche hanno sofferto la prolungata chiusura e non hanno ritrovato tutto il loro pubblico, la produzione dei film e delle serie beneficia dei grossi investimenti delle piattaforme di streaming, il cui numero di abbonati ha fatto un balzo durante il confinamento. Netflix si è installata in un magnifico immobile di 14 piani su Sunset Boulevard all’inizio del 2020 e ha aperto un altro campus di 50 000 mq (che comprende gli studi di registrazione) a Hollywood. Amazon Studios e Amazon Video prendono possesso di cinque nuovi edifici (uffici, studios…) a Culver City. È sempre a Los Angeles che Apple TV+ ha costruito uno spazio di 50 000 mq per ospitare i suoi collaboratori a partire dal 2026. WarnerMedia ha appena inaugurato un immobile a Culver City. Questi nuovi re del divertimento assumono a nastro e spendono senza riserve per creare “contenuti” per i loro abbonati. «Alla fine del 2021, il numero di serie televisive girate a Los Angeles, di cui più del 40% sarà diffuso su piattaforme streaming, ha eguagliato i record del 2019. Ci aspettiamo un formidabile 2022, anche se la variante Omicron ha spostato alcune produzioni», afferma Paul Audley, presidente di FilmLA. Stesso rintocco di campana nell’hi-tech: Silicon Beach, che raggruppa un migliaio di start-up nel Westside (a Venice, Santa Monica, Playa Vista, Culver City, Marina del Rey, El Segundo…) e che tallona la Silicon Valley e la Silicon Alley (a New York) come polo industriale di punta, non è stata toccata dalla crisi del Covid-19. I suoi dipendenti hanno continuato a lavorare da casa loro. I fondatori delle start-up di Silicon Beach sperano di eguagliare il successo di Snap Inc. (l’app Snapchat), Oculus (realtà virtuale, riacquistata da Facebook), Tinder, Hulu (piattaforma di streaming) o Naughty Dog (videogiochi). E beneficiano della sinergia con le industrie in forte crescita della regione – l’aeronautica, le tecnologie informatiche, l’entertainment, la moda, la farmaceutica, i dispositivi sanitari e la biotech. Ognuno di questi rami ha nei fatti sviluppato il proprio ecosistema di start-up. Infine, il fiorente settore dell’edilizia si avvantaggia di una serie di leggi recentemente adottate dallo Stato della California per aumentare la densità delle aree abitate. Hanno messo fine all’immobilismo che prevaleva in materia di nuove costruzioni a causa della sindrome Nimby – il Not In My Backyard dei residenti che si oppongono a progetti immobiliari supposti di interesse generale.

Venice, Califormia
Los Angeles, santa monica California

la spiaggia Santa Monica, affacciata sull’oceano pacifico. e la località balneare di Venice: locali modaioli, artisti di strada, skatepark e la palestra all’aperto muscle beach.

Sempre più disuguaglianze

Nonostante l’economia sia ripartita, Los Angeles deve far fronte ad alcuni problemi che la crisi del Covid-19 ha esacerbato. Innanzitutto il turismo – e quindi il settore alberghiero e della ristorazione –, che continua a soffrire. Da 51 mln nel 2019, il numero dei visitatori è disceso a 29 mln nel 2020 e Adam Burke, presidente dell’ufficio del turismo, lo stima a 39 mln nel 2021. Gli stranieri – che rappresentano la metà delle spese – mancano all’appello e il settore impiega 100 000 persone in meno rispetto a prima della pandemia. Nello stesso tempo, il commercio al dettaglio ha subito un colpo terribile, a causa della crescita folgorante degli acquisti online. In tutti i quartieri, compresi Hollywood e Beverly Hills, pannelli “To Lease” sono affissi su negozi e centri commerciali vuoti. «Siccome hotel, ristoranti e negozi offrono salari mediocri, sono i lavoratori poveri che hanno lasciato il loro lavoro, mentre gli avvocati e i quadri dell’hi-tech hanno conservato i loro alti stipendi. La pandemia ha dunque esasperato delle disuguaglianze che già gridavano vendetta», stima John Husing. Le cosiddette disuguaglianze sono aggravate da una grave crisi degli alloggi: i prezzi degli immobili e degli affitti hanno fatto un balzo del 30% dal 2018. «Di colpo, si assiste a una migrazione dei cittadini meno abbienti verso le periferie. I distretti Riverside e san Bernardino, in cui gli immobili sono più abbordabili, ospitano 500 000 abitanti più che nel 2010, quando il distretto di Los Angeles invece di guadagnarne ha cominciato a perderne», spiega William Yu. Anche il numero dei senzatetto è aumentato, con più di 50 000 persone della regione che vivono per strada. È a Downtown che questi cambiamenti sono più dirompenti. Questo quartiere un tempo decrepito si era rinnovato e gentrificato in modo formidabile da quindici anni a questa parte, attirando decine di migliaia di giovani creativi. La crisi del Covid-19 ha fatto tornare Downtown L.A. indietro nel tempo: file di negozi e ristoranti chiusi per fallimento, senzatetto accampati agli angoli delle strade, marciapiedi disseminati di rifiuti, colonie di ratti nelle piazze… Bisognerà che la ripresa economica sia stabile e lunga per riuscire a far scomparire le cicatrici. Questo non impedisce alla maggior parte degli angelenos di svegliarsi ogni mattina davanti a un sole velato dall’inquinamento dicendosi che la vita è bella…

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