
Roma caput modae. Guida definitiva alla Capitale formato fashion
C’è chi ci va per ottenere l’indulgenza plenaria. E chi, invece, preferisce trovarvi un miracolo sartoriale. Che poi – diciamocelo – non è anche una forma di salvezza trovare una giacca che vi sta come una rivelazione? In occasione del Giubileo, ecco un itinerario romano sì totalmente devoto, ma a una religione alternativa: quella del bello, del ben fatto, del dettaglio paradisiaco. Insomma, un viaggio mistico, ma con la carta di credito. Dopotutto, è scritto nella Genesi che “Il Signore Dio fece ad Adamo e a sua moglie tuniche di pelle e li vestì” (Gen 3,21). Dio, primo stilista della Storia, creò il primo outfit della civiltà, atto d’amore e atto di stile. E allora, perché non tornare alle origini? Invece di correre tra le basiliche, il nostro percorso attraversa altre forme di sacralità: i templi del lusso nascosto, i musei dove il tempo si ferma tra creazioni storiche, bozzetti di sartoria, e ricordi di un’epoca in cui l’eleganza era più vincolante della fede. Del resto, la Capitale, più che eterna è sempre stata eternamente (tra)vestita: non è forse lei l’ispiratrice del défilé papalino in quel capolavoro di docufilm del ’72 che è stato Roma di Federico Fellini? Quel momento sublime in cui le suore sfrecciano in passerella con veli illuminati da neon e i cardinali sembrano monumenti circensi con turiboli d’oro che ondeggiano spargendo ipnotici incensi fumiganti? Vi invitiamo a una sorta di Via Dulcis tra mete preziose come un abito couture o luoghi esclusivi da cui uscire con la stessa espressione della Santa Teresa scolpita dal Bernini: estatica. Ci affidiamo a tre guide d’eccezione.

illustrazioni: Cinzia Zenocchini. piazza trilussa.
La prima: Valeria Arnaldi, giornalista e saggista, firma dell’edizione capitolina del Corriere della Sera. La seconda: Stefano Dominella, imprenditore estremamente creativo, già presidente della maison Gattinoni e ora della Sezione Moda, Design e Arredo di Unindustria, l’Unione degli Industriali e delle imprese di Roma, Frosinone, Latina, Rieti, Viterbo. La terza: Sofia Gnoli, sofisticata studiosa di moda e curatrice di mostre, docente alla Iulm di Milano dove insegna Storia della moda, Sociologia degli eventi e Archivi delle industrie creative, nonché autrice di numerosi saggi e prestigiosa firma de La Repubblica. «C’è una rinascita per la cultura del vestire che rinnova i fasti degli Anni 50 e 60 quando la città era la nostra “Hollywood sul Tevere”, l’epicentro del lusso italiano e la capitale dell’alta moda», suggerisce quest’ultima, che continua. «Ne è riprova l’apertura fino al 13 agosto, della grande mostra di Dolce & Gabbana. Dal cuore alle mani, al Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale 194». Arricchita e resa ancor più magnifica rispetto all’esordio milanese, è stata inaugurata il 13 maggio, giorno in cui il duo di stilisti ha scelto Roma, che già ospita la boutique di via Condotti, per l’evento mondiale del loro défilé Alta Sartoria, che ha coinvolto in una settimana di appuntamenti importantissimi clienti e stampa internazionale. «Del resto, si è tenuta da poco qui anche la sfilata di Dior disegnata dalla romanissima direttrice creativa Maria Grazia Chiuri, mentre Fendi si prepara a festeggiare i suoi 100 anni con un programma di eventi ancora top secret, mentre è visitabile su prenotazione il suo quartier generale, il Palazzo della Civiltà Italiana, nel Quadrato della Concordia all’Eur, costruito fra il 1938 e il 1953 da Guerrini-Lapadula-Romano».

illustrazioni: Cinzia Zenocchini. piazza mignanelli.
Le fa eco Valeria Arnaldi: «Sarà invece stanziale Pm23, il nuovo spazio culturale voluto dalla Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti. Non una boutique, non un museo, ma qualcosa di più sottile e ambizioso: un centro di cultura e ispirazione, in uno splendido palazzetto ottocentesco proprio accanto alla storica maison Valentino, oggetto di un restauro meticoloso durato oltre un anno, fortemente voluto dai due fondatori». Il motto della Fondazione, raggiungibile in pochi minuti in piazza Mignanelli, senza mancare di visitare la boutique orologiaia di Vacheron Constantin di via dei Condotti, è tutto fuorché decorativo: beauty creates beauty, un vero e proprio manifesto. Non a caso, l’apertura sarà segnata da una mostra-omaggio a Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, una sorta di autoritratto condiviso, che racconterà il passato come stimolo per il futuro. Il programma si preannuncia denso: mostre, talk, residenze d’artista, programmi di formazione, laboratori per giovani creativi e artigiani: un polo dedicato alle arti, alla moda e alla creatività, pensato non solo per custodire un’eredità, ma per farla germogliare. E noi, umili pellegrini dello stile, non possiamo che crederci. Conclude Dominella: «Un tour nell’eleganza romana non può dimenticare il delizioso villino del Museo Boncompagni Ludovisi, dietro via Veneto, in via Boncompagni Ludovisi 38. Ospita la Casa Museo nata nel 1995, grazie al generoso lascito della principessa Blanceflor de Bildt Boncompagni che lo donò con i relativi arredi allo Stato italiano. Nel Salone delle vedute trovano posto gli abiti donati dalle maison romane d’alta moda, tra cui Sarli, Gattinoni, Valentino, Raffaella Curiel, Litrico, Marella Ferrera, Lorenzo Riva e Renato Balestra».

illustrazioni: Cinzia Zenocchini. palazzo della civiltà italiana all’eur.
Sempre l’imprenditore curerà a fine la mostra Sacra Moda al Maxxi, in via Guido Reni, dove si scoprirà come il primo stilista ecosostenibile sia stato San Francesco in persona, che molti papi vestono firmato – come le sontuose vesti talari realizzate da Filippo Sorcinelli – e di come il cattolicesimo abbia influenzato molti creativi, come le Sorelle Fontana, autrici del leggendario abito Pretino di Anita Ekberg ne La dolce vita, visibile nella Fondazione Micol Fontana in via San Sebastianello, dietro piazza di Spagna: «Qui, tra bozzetti, abiti da gran gala e confessioni di atelier, l’eleganza è qui un sacramento catalogato con amore e dedizione». Dopo tante emozioni intellettuali, un po’ di leggerezza mondana non guasta. Perché se la cultura eleva, lo shopping libera endorfine. E allora via con negozi, dove anche il Pos ha un’aura sacrale e dove il vero peccato sarebbe non entrare. C’è Le gallinelle, in via Panisperna 61, rione Monti: un negozio trendy e ricercato che, grazie alla designer Wilma Silvestri, vende splendidi capi vintage ed etnici rielaborati destinati a sante disobbedienti, insieme a nuovi modelli contemporanei che lei crea nel suo laboratorio anche su misura o su richiesta. C’è Maison Halaby, la boutique più silenziosa e commovente di Roma, dentro Palazzo Podocatari, Rione Regola, via di Monserrato 21: nella zona più aristocratica della città ha aperto il laboratorio Gilbert Halaby, designer libanese di nascita ma adottivo romano, che definisce il suo spazio «Un punto d’incontro tra l’eleganza capitolina e il lusso orientale».

illustrazioni: Cinzia Zenocchini. via condotti.

illustrazioni: Cinzia Zenocchini. via condotti.
C’è Chez Dédé, sempre in via di Monserrato, ma al 35, nel Palazzo Antonelli Capponi: brand indipendente di origini franco-italiane, fondato da Andrea Ferolla e Daria Reina. Qui ogni oggetto diventa liturgia, e cuoio, cashmere e seta sono così pure che ti viene da fare il segno della croce prima di toccarli. «Sempre nel rione Monti ma in via Urbana 137, si affaccia infatti con apparente modestia il tempio del vestire contemporaneo, nuovo o pre-loved estremamente di nicchia», con capi di Martin Margiela, Carpe Diem, Label Under Construction, Paul Harnden, Yohji Yamamoto. Il suo nome è Moll Flanders. Ed è così snobisticamente d’élite che il proprietario Matteo Murru lo definisce “Hermès free”, proprio per sottolineare la sua ricerca di moda d’avanguardia, quasi impossibile da trovare altrove. Il negozio definitivo del vintage della Capitale, però, è Pifebo, con due sedi: una è in via dei Valeri 10, in zona San Giovanni, l’altra in via dei Serpenti 135. «L’offerta spazia da abbigliamento griffato dai 50 fino ai 90, compresi assurdi occhialoni da sole Anni 70 e giubbotti (pare), in diretta dal guardaroba di Renato Zero», assicura Stefano Dominella. Mentre per il capitolo bijoux e gioielli, lasciamo la parola a Valeria Arnaldi: «Co. Ro. Jewels, in via della Scrofa 52, a due passi dal Pantheon è una boutique-atelier dove due architette, Costanza De Cecco e Giulia Giannini, si divertono a sperimentare con le tecniche del gioiello applicando alle lavorazioni artigianali le suggestioni di architetture famose, come quella del Gazometro al Palazzo della Civiltà Italiana, fino ai giardini segreti di Galleria Borghese, spunto per bracciali e orecchini». Valentina Laganà, in largo di Fontanella Borghese, propone invece creazioni realizzate a mano, anche con elementi inusitati: «Interessanti anelli a due dita o composti da più elementi, orecchini asimmetrici bracciali che sono vertigini di bronzo, argento, oro, rame», continua la giornalista, «Io, poi, amo disegnare i miei gioielli da sola e farli realizzare da Rocchi, in via Margutta 51. Orafi da tre generazioni, con una lunga storia anche di collaborazioni con artisti e con il Vaticano». Infine, Stefano Dominella ci distilla l’ultimo indirizzo segreto: «Fabio Piccione, in via del Boschetto 148: entrare in questo negozio è come tuffarsi nello scrigno dei tesori della nonna. Gioielli di ogni decennio del XX secolo sono riparati dal proprietario, comprese meravigliose spille americane d’epoca, dall’ottimo rapporto qualità-prezzo».