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Inquinamento luminoso

Buongiorno, notte. In prima linea contro l’inquinamento luminoso

Troppo facile – al limite del banale – scomodare in questa circostanza i celebri versi del Sommo Poeta; ma la tentazione è forte, difficile non assecondarla. Dunque siamo nel Trecento, in compagnia di Dante e Virgilio, agli sgoccioli del loro impegnativo trekking infernale. Senza cura d’aver “alcun riposo”, i due iniziano la loro risalita in superficie. Camminano e camminano, fino a quando un “pertugio tondo” inquadra “le cose belle che porta ’l ciel”. È il momento di tirare finalmente il fiato, di calare il sipario sulla prima cantica della Commedia; così il fiorentino si congeda (momentaneamente) dai lettori, vergando il celeberrimo “e quindi uscimmo a riveder le stelle”.

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Foto di Mattia Balsamini. Riserva di san magno, una delle volte celesti più pulite d’italia. la valle grana (in provincia di cuneo) rappresenta uno degli ultimi luoghi di cielo oscuro e incontaminato delle alpi occidentali, in parte grazie alla particolare conformazione dell’arco montuoso in quel territorio.

Oggi – diciamo – le cose sarebbero un po’ più complicate. Nel senso che uscire all’aria aperta e godere del cielo stellato non rappresenta più un piacere scontato. La colpa – più o meno nota – si chiama Alan, acronimo inglese (Artificial light at night) che battezza la concentrazione di fotoni prodotti dall’uomo nell’atmosfera, un fenomeno rientrante a pieno titolo nella definizione di inquinante antropogenico stilata dalle Nazioni Unite nel 1979. «Non è solo una questione di definizioni», chiosa Valentina Guglielmo sul notiziario online dell’Istituto Nazionale di Astrofisica: «Gli articoli sulle conseguenze biologiche e fisiologiche delle luci notturne sul comportamento umano e animale, e quindi sulla qualità della vita, ormai si sprecano. Eppure, sembra che gli unici a preoccuparsene siano gli astronomi (il cui lavoro è direttamente danneggiato a causa dell’aumento dell’illuminazione del cielo) e che invece i benefici dell’aumento delle luci nelle città e nelle periferie, e del numero di satelliti per le telecomunicazioni in cielo, superino di gran lunga gli effetti nocivi». Insomma, per tutti noi, accecati da bagliori artificiali sempre più intensi e frequenti, il cielo notturno sta diventando un soggetto sconosciuto, e pure pericoloso: «Persino i fari a Led emettono uno spettro blu che abbaglia l’ecosistema notturno e danneggia il ciclo circadiano dell’uomo, la sua danza endocrina di sonno e di veglia, favorendo lo strisciare contemporaneo di malattie quali il cancro al seno, alla prostata, il diabete, la depressione», scrive Raffaele Panizza, autore dei testi che accompagnano le fotografie scattate da Mattia Balsamini per Protege Noctem, volume che racconta l’alleanza carbonara tra scienziati e cittadini al fine di contrastare la scomparsa della notte e delle sue creature. «Gli epidemiologi, compatti, considerano la scomparsa della notte come un fattore di rischio pari all’inquinamento, all’alcol e al fumo. Non solo luce in terra, ma anche luce lassù: il proliferare di satelliti per le telecomunicazioni crea false strisce cosmiche che impediscono agli astronomi di compiere studi sulla volta celeste. E la vita naturale appare compromessa: gli uccelli migratori perdono le rotte, le foglie non sentono più l’arrivo dell’inverno, gli insetti vanno incontro all’estinzione».

Foto di Mattia Balsamini. Lo sperone del santuario della verna (in provincia di arezzo) dove san francesco, folgorato dal cherubino, ricevette le stimmate. e dove le lucciole, ogni estate, mettono in scena la loro festa d’amore.

Secondo un interessante rapporto pubblicato su Science all’inizio del 2023, stiamo messi peggio di quanto pensavamo: dal 2011, la luminosità del cielo è aumentata del 7/10 per cento all’anno nella banda visibile, quella che possiamo cogliere con i nostri occhi. Per valutare la variazione di questa intensità, gli studiosi hanno analizzato le osservazioni di 51 351 citizen scientist che hanno preso parte al programma di scienza partecipata Globe at Night (gestito dal centro di ricerca statunitense NoirLab), la maggior parte delle quali ha coperto i cieli di Europa e Nord America. Il progetto, spiega Guglielmo, «raccoglie dati sulla visibilità stellare e chiunque può inviare osservazioni dagli smartphone attraverso l’omonima applicazione. Dopo aver inserito data, ora e località di riferimento, ai partecipanti viene mostrata una serie di mappe stellari, e loro registrano quale corrisponde meglio a ciò che possono vedere nel cielo. In questo modo, si ottiene una stima della cosiddetta “magnitudine limite” a occhio nudo, che misura quanto deve essere luminoso un oggetto per essere osservato. Si tratta già di una stima della luminosità del cielo, perché quando il cielo si illumina, gli oggetti più deboli scompaiono dalla vista». 

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Foto di Mattia Balsamini. Uno studio sulla retina

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Foto di Mattia Balsamini. Un lupo nella bioriserva del Reno.

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Foto di Mattia Balsamini. La falena, prezioso impollinatore, viene risucchiata dalla luce e inizia a turbinare, incapace di accoppiarsi, fino allo sfinimento e alla morte.

Foto di Mattia Balsamini. A udine, luca lapini del museo friulano di storia naturale protegge i mammiferi notturni con l’organizzazione “pronto soccorso pipistrelli”.

Certo, la scelta di basare la ricerca interamente su questi presupposti potrebbe suonare bizzarra: «C’è una variazione sostanziale e soggettiva nel numero di stelle che le persone possono vedere, ma se le testimonianze raccolte sono in numero sufficiente (decine di migliaia, in questo caso), statisticamente la variabilità tra gli osservatori si annulla». E così, anche questo studio conferma il peggioramento di un fenomeno che – è il caso di dirlo – è sotto gli occhi di tutti. Che cosa manca? La risposta da parte degli Stati e di entità comunitarie di regolamentazione. C’è frustrazione, quindi, tra gli scienziati più sensibili al tema; un sentimento che poche settimane fa, il 20 marzo, ha spinto un gruppo internazionale di ricercatori (Fabio Falchi, Salvador Barà, Pierantonio Cinzano, Raul C. Lima e Martin Pawley) a pubblicare una dura presa di posizione sulle pagine di Nature Astronomy, con un’accusa diretta ai grandi attori coinvolti nel settore: «Ricordiamo che cosa è successo in altri campi negli ultimi decenni, con l’esito degli studi su fumo (attivo e passivo), piogge acide, riscaldamento climatico, emissioni diesel, amianto… Ogni volta che viene posto qualche problema e la letteratura scientifica inizia ad affrontarlo, i soggetti inquinatori mettono in azione la “macchina del dubbio” per fermare o ritardare l’adozione di contromisure e regole a tutela della salute umana e dell’ambiente. La strategia è sempre la stessa: sostengono che non ci sono prove, o che le prove sono deboli, o che il nesso di causalità non è dimostrato. “Big Oil”, “Big Tobacco”, “Big Pharma”, “Big Sugar” e così via lavorano semplicemente per aumentare i profitti». Se le cose non cambiano, scrivono Fabio Falchi e colleghi, la direzione purtroppo è tracciata: «Vedremo dozzine, centinaia, migliaia di satelliti solcare in ogni momento il cielo e nessun essere umano avrà la possibilità di rimirare il cielo stellato come è stato sempre possibile fare». Come ai tempi del sommo poeta Dante, per esempio.

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Foto di Mattia Balsamini. Il cielo sopra hong kong è circa 1 200 volte più luminoso rispetto a quello della campagna circostante. la richiesta avanzata dalle organizzazioni ecologiste di spegnere le luci dei negozi e i billboard pubblicitari a led, almeno durante le ore notture, è stata finora ignorata.

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