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Il turismo nelle distillerie fa il pieno di visitatori

Da qualche anno, il turismo nelle distillerie conosce un’espansione straordinaria. È un entusiasmo che rivela una tendenza di fondo: tanto le vacanze in famiglia quanto un weekend in coppia o una gita tra amici sono occasioni per un ritorno all’autenticità e alla tradizione e per una riscoperta dei piaceri del bere. Perché il fenomeno non riguarda solo le persone più adulte, appassionate di superalcolici di alta gamma, ma anche trentenni che amano consumare cocktail e hanno voglia di saperne di più sui loro liquori preferiti. Al di là della qualità dei prodotti interessati, la produzione di superalcolici è spesso associata a un territorio e fortemente legata alla conservazione dei paesaggi agricoli e al patrimonio culturale: in questo senso Cognac è un testimone straordinario. 

Motori dell’economia locale

Il comune nel dipartimento di Charente, che conta circa 20 000 abitanti, ha accolto nel 2019 – prima che esplodesse la pandemia Covid – quasi 300 000 visitatori. Una manna per le case produttrici, che organizzano visite e degustazioni per ospiti e clienti tanto francesi quanto stranieri, e per l’intera economia della città che ha avuto la fortuna di dare il proprio nome all’acquavite più famosa del mondo. È un successo che si deve al lavoro intrapreso fin dagli Anni 60 dalle grandi marche, che hanno saputo dedicarsi alle visite guidate – come si chiamavano in passato – senza spenderci troppi soldi. Bisognerà attendere gli Anni 90 perché questi circuiti di ospitalità e degustazione acquistino una rilevanza commerciale e finanziaria, attirando gli opportuni investimenti. Per fare un esempio: basta varcare la porta del centro Hennessy, sulle rive della Charente, per comprendere come l’azienda abbia saputo dedicare tempo e risorse per fornire un’esperienza davvero degna di nota ai sui circa 30 000 visitatori all’anno. L’edificio moderno costruito sulla banchina, le cantine storiche sull’altra sponda del fiume, il punto vendita: Hennessy propone un ventaglio di esperienze uniche e multisensoriali che permettono di cogliere l’identità dei suoi cognac. Inevitabile che i visitatori, sedotti, si trasformino in ambasciatori della marca, con i ritorni economici e d’immagine del caso.

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Una leggenda dello scotch. Dewar’s Aberfeldy.

La storia dietro un bicchiere

Secondo la Fédération française des spiritueux (Ffs), più del 50% delle aziende del settore propone un’offerta di visita. «Oltre alle realtà aperte al pubblico in modo permanente o temporaneo nei periodi di punta, si contano una ventina di distillerie che hanno anche caratteristiche museali e che permettono quindi di approfondire la storia dei liquori che lì si producono: è il caso di Cassissium in Borgogna, Calvados Expérience in Normandia o del Palais de la Bénédictine a Fécamp», precisa Jean-Pierre Cointreau, presidente della Ffs. In totale, sono più di due milioni le persone che ogni anno visitano queste strutture, senza dimenticare le distillerie di rum delle Antille e della Réunion, che rafforzano l’offerta turistica locale. Una varietà di liquori – si contano non meno di 40 tipologie – che consente alla Francia di occupare il secondo posto tra i produttori europei, dietro al Regno Unito. È Oltremanica che bisogna andare per prendere lezioni in materia di turismo in distilleria, e in particolare in Scozia, dove questo settore turistico è da considerarsi alla stregua di un’arte nazionale. 

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Una follia normanna. Le Palais Bénédictine

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La distilleria di gin bombay sapphire a laverstoke, nel sud est dell’inghilterra.

Nell’universo del bourbon il capolavoro di Henderson, Angel’s Envy

Degustazioni e stanze d’albergo

Difficile trovare una distilleria che non offra un circuito di visita completo; alcune propongono anche strutture di accoglienza alberghiera per tenere “prigionieri” i turisti amanti di single malts e blends. È il caso di Glenmorangie, che ha aperto il proprio hotel (la Glenmorangie House) per prolungare l’esperienza offerta. I risultati premiano l’impegno: nel 2019 il turismo del whisky scozzese ha toccato un livello record con 2,16 milioni di visite contabilizzate e un fatturato di 85 milioni di sterline. La qualità delle infrastrutture attira i visitatori non britannici: è a loro che si devono i due terzi delle entrate messe a bilancio. L’indotto coinvolge anche le strutture ricettive e il settore dei servizi nelle località interessate, con significative ricadute economiche e occupazionali. Negli staff dedicati a vario titolo all’accoglienza dei visitatori nelle distillerie sono impiegate circa 1 200 persone: una quota pari al 10% del totale dei posti di lavoro coinvolti nell’intero settore dell’industria del whisky scozzese. Secondo la Scotch Whisky Association, negli ultimi cinque anni sono stati investiti più di 200 milioni di sterline per rispondere all’aumento della domanda e migliorare ancora di più l’esperienza offerta.

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