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superbonus 110%

Luci e ombre sul Superbonus 110%, tra effetti sull’ambiente (e sulla bolletta), frodi e disuguaglianze 

Il Superbonus 110% ha funzionato? A quasi due anni dalla sua introduzione, è giunto il momento dei primi bilanci. Questa misura di incentivazione permette ai proprietari di immobili di avere uno sconto del 110% – di fatto, quindi, senza spendere un euro – sui lavori di efficientamento energetico (Super Ecobonus) o di adeguamento antisismico (Super Sismabonus). L’incentivo si applica sulle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 (dicembre 2023 per le case popolari), e tra i vincoli imposti c’è quello del salto di almeno due classi energetiche al termine dei lavori. Per godere dello sconto del Super Ecobonus, è obbligatorio effettuare almeno un intervento definito trainante: in poche parole, la sostituzione della caldaia o il cappotto termico. Dopodiché si potrà usare l’incentivo per lavori secondari, come ad esempio il cambio degli infissi.

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L’impatto ambientale del Superbonus 110% 

Stando all’ultimo report dell’Ufficio studi Gabetti, che ha preso in considerazione 181 condomini e 7.322 appartamenti, gli interventi svolti hanno portato a un abbattimento del fabbisogno energetico medio del 53%, anche grazie a un salto energetico medio di tre unità. In più, le stime parlano di un consumo di gas annuo ridotto del 40% grazie ai lavori di ristrutturazione sostenuti dal bonus (con un conseguente -43% di spesa annua per il gas). E le emissioni di anidride carbonica (Co2)? Secondo il report, la diminuzione è pari al 51%. Si tratta di un dato sotto certi versi confortante, considerando che il settore residenziale è una delle principali fonti di inquinamento: è responsabile, secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), del 19,5% delle emissioni totali di gas serra e del 64% di polveri sottili PM 2,5. Inoltre, sottolinea l’Onu, il settore delle costruzioni causa il 38% delle emissioni globali di Co2 legate all’energia.

Il Superbonus 110% ha favorito i ricchi?

Il Superbonus 110%, ricordiamo, non ha vincoli sulle prime case e sul reddito. Anche per questo motivo, i critici sostengono che la misura stia favorendo le fasce di reddito più abbienti. Secondo l’ultimo report dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), al 31 gennaio 2022 gli interventi agevolati con il Superbonus erano 107.500. Tra questi, solo 16.348 hanno coinvolto i condomini, all’interno dei quali vive circa il 60% della popolazione italiana (nonostante rappresentino circa il 10% delle abitazioni costruite nel nostro paese). Sembra quindi che i lavori finanziati dal Superbonus 110% si siano concentrati su edifici come le ville, di solito sotto la proprietà dei cittadini più facoltosi (e che, anche senza bonus, non farebbero fatica a sostenere le spese di ristrutturazione). Addirittura, l’Enea ha segnalato che tra gli edifici ristrutturati c’è un castello in Piemonte, i cui proprietari hanno beneficiato di un sussidio di circa 1 milione di euro. 

Il Superbonus 110% e le frodi 

«Il governo non voleva estendere il Superbonus perché ha creato distorsioni: la prima è un aumento straordinario dei prezzi delle componenti per le ristrutturazioni e l’efficientamento energetico. È la logica del 110%, che in un certo senso non rende e ha incentivato le frodi», ha ammesso il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel dicembre 2022. Il premier ha poi aggiunto che «l’Agenzia delle entrate ha bloccato 4 miliardi di crediti come cedibili». Più precisamente, si contano 4,4 miliardi di crediti d’imposta inesistenti relativi ai bonus sulla casa (come il Superbonus). Non a caso, a febbraio è stata approvata una norma – inserita nel Decreto sostegni ter – che ha permesso una sola cessione del credito. 

La corsa contro il tempo delle case popolari 

Il Superbonus 110% è una potenziale opportunità anche per le case popolari, che spesso hanno un enorme bisogno di interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico. Ma c’è un problema di tempistiche: per rendere l’idea, solo il 10% delle case sotto l’Azienda lombarda per l’edilizia residenziale (Aler) ha la certezza di usufruire del bonus. Il restante 90% ha due anni di tempo per fare domanda: «La seconda gara, dello scorso settembre, è stata meno fortunata, si sono presentanti pochi partecipanti, a mio avviso frenati dall’incertezza sulle tempistiche», spiega Domenico Ippolito, direttore generale di Aler Milano, in un’intervista al Foglio. Lo stesso problema è stato segnalato da Simone Dragone, presidente di MM S.p.a.: «L’auspicio è che a livello governativo si decida per un’estensione di alcuni anni per portare la scadenza in linea con la durata del Pnrr al 2026. La sfida per chiudere tutto il 2023 (la nuova proroga per case popolari, ndr) non è facile», dice a MilanoToday.

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Foto di copertina: Pexels 
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