Mega CityMilano, una metropoli al bivio

Milano, una metropoli al bivio

Prima di accogliere l’Expo 2015, Milano era nota nel mondo quasi solamente per le sfilate di moda e il Salone del mobile, per le sue ottime università pubbliche e private e per la sua attività economica e finanziaria. Questo le era valso la qualifica di capitale economica d’Italia, appellativo rafforzato dalla presenza in città della Borsa e di un gran numero di protagonisti dell’industria, dei servizi e dei media del Paese: «L’Expo 2015 è il cambiamento più radicale di Milano negli ultimi 40 anni», afferma Sandro Neri, direttore del quotidiano milanese Il Giorno. Che prosegue: «La città non aveva mai attirato così tanti turisti. Oltre alla moda, al design, e all’arredo, Milano è diventata famosa per i suoi ristoranti stellati e i suoi prodotti di grande qualità. Sono stati trasformati interi quartieri. Oggi, Milano è davvero al livello delle grandi capitali europee». Questa evoluzione è unanimemente accettata. Sviluppo del turismo, di una scena artistica e culturale, visibilità internazionale concretizzata dall’arrivo di grandi marchi, come Starbucks e Apple, per esempio: Milano era in piena espansione fino a… febbraio 2020.

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Il Covid-19 ha messo Milano di fronte a un bivio 

«La pandemia del Covid-19 è stata un vero e proprio choc per la città, mentre stava per diventare una “business city” internazionale, in grado di fungere da baricentro dell’Italia del Nord. Dopo questo choc, Milano non potrà ripartire sulle stesse basi», constata Giuliano Noci, professore di Strategy e Marketing al Politecnico. La Lombardia è stata la prima regione europea colpita dal Coronavirus. Prima del febbraio 2020, mentre le altre città italiane ed europee cominciavano giusto a capire di che cosa si trattava, Milano chiudeva i suoi musei e i suoi teatri. Subito dopo, a chiudere i battenti sono state le scuole, le università, le attività commerciali, i bar e i ristoranti. Poi, come del resto ovunque nel mondo, la città si è svuotata, il telelavoro è stato imposto a chi poteva farlo, le vie si sono fatte silenziose: «Il Covid-19 ha colpito tutto il mondo. Contrariamente alla crisi finanziaria del 2008, il virus è egualitario. L’effetto distruttivo è collettivo, non c’è niente di specificamente milanese. Detto questo, la chance di Milano sono i Giochi olimpici del 2026, che costituiscono una forte motivazione a ripartire. E noi siamo pronti a ripartire», assicura Gianmario Verona, rettore della Bocconi.

Riprodurre un cerchio virtuoso 

Bisognerà che i costruttori e gli altri attori economici riproducano il cerchio virtuoso che ha fatto dell’Expo 2015 un successo, con ricadute positive durevoli per la città e la Regione: «La cosa interessante legata ai grandi eventi è che persone che abitualmente si vedono tre volte l’anno si vedono tre volte alla settimana per diversi anni per creare insieme delle strategie che abbiano delle ricadute strutturali su diversi settori, ricadute che vanno ben al di là del singolo evento», sottolinea Noci. Sperando che i Giochi d’Inverno del 2026 portino la stessa energia e lo stesso spirito dell’Expo 2015. Per essere pronti a ripartire e sfruttare tutte le chance a disposizione, Milano dovrà avvalersi di nuovi parametri. Lo smart working fa ormai parte del quadro economico della città in modo durevole. «Cosa diventeranno le torri di Porta Nuova se gli impiegati lavorano a domicilio due giorni a settimana?», si chiede Sandro Neri.

Gli effetti dello smart working

Al di là di questo quartiere, cosa succede se 500 000 persone non entrano più ogni mattina in città per lavorare, mangiare e consumare, prolungando la loro giornata andando al cinema o a cena al ristorante? Molti temono gli effetti a cascata sull’economia. Meno impiegati in città sul breve periodo significa meno commerci, un abbassamento progressivo del prezzo degli immobili, un’attrattiva dimezzata e uffici per lo più vuoti. Marco Sala, direttore Italia di PwC, resta fiducioso, nonostante l’impresa di revisione contabile e di consulenza si sia insediata nell’ottobre 2020 nella torre Liebeskind, una delle tre di CityLife, quartiere che si è recentemente sviluppato nella zona ovest della città, sull’ex sito della Fiera di Milano. «Più partner e imprese vicine alle nostre attività ci hanno già fatto sapere che prenderebbero volentieri un piano della torre se ce ne fossero di disponibili, ma noi non vogliamo. Certo, a causa dello smart working, la torre non accoglie ogni giorno che un terzo dei 3 500 impiegati di PwC Milano, ma noi vogliamo che resti aperta e disponibile per i nostri dipendenti, i nostri clienti e la comunità. Ci staremo a lungo». La decisione di installare il nome di PwC in cima a questa torre di 28 piani per una durata di 15 anni è stata presa collegialmente da 100 associati italiani della rete PwC, rete che conta 24 uffici e impiega 7 000 persone nel Paese, di cui la metà a Milano.

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Sopra: la torre unicredit, cuore del nuovo skyline. Sotto: Attivato nel 2004, citylife offre alla città un nuovo quartiere degli affari, sull’ex sito della fiera di Milano.

I progetti di riqualificazione in corso del nodo Bovisa e dell’acciaieria falck di sesto San Giovanni, di fatto un “pezzo” di Milano.

Nuove opportunità all’orizzonte

La città vuole anche rilanciare le attività che hanno sostenuto la sua crescita dal 2015, ma con un nuovo approccio. Una forma di “distruzione creativa” come la definiva l’economista Joseph Schumpeter. «Si tratta di ritrovare un percorso di crescita a identità costante, con nuove opportunità nei business emergenti dell’economia green e della conversione digitale», riassume Noci. Fa l’esempio della fashion-week, la cui edizione del febbraio 2021 si è svolta online: «Solo 5 000 persone hanno partecipato a questa edizione, ma la messa online degli eventi, che saranno sempre più virtuali, farà emergere nuovi bisogni e nuovi mestieri. Milano era una “business city”, ora deve diventare “the innovation city”, un hub dell’innovazione, della cultura e della qualità di vita». Per riuscirci, Milano punta sulla sua attrattiva e suoi punti forti di sempre. Nel 2019 e 2020, era al primo posto nella classifica de Il Sole 24 Ore sulla qualità di vita in Italia. Nel 2021, come in numerosi Paesi europei, le grandi città italiane e le più turistiche hanno ceduto il passo alle città di taglia media e Milano ha perso il suo primo posto a vantaggio di Bologna. Ma altri indicatori fanno ben sperare.

La popolazione della città, che fino al 2010 era diminuita, è di nuovo in aumento e ha raggiunto 1,4 milioni di abitanti nel 2020. Lo sviluppo massiccio del turismo da un decennio ha incitato i milanesi ad aprirsi agli stranieri e, per essere più accoglienti, a imparare l’inglese. Numerosi ristoratori, commercianti e taxisti ormai lo parlano. Il Duomo e la Scala hanno certamente il loro peso specifico, ma ci vuole altro per far arrivare degli esperti in biogenetica o in intelligenza artificiale. Grazie alla reputazione delle sue università e dei suoi centri di R&D, Milano attira oggi ricercatori stranieri, che non esitano a trasferirvisi per diversi anni. Ponte tra il Nord Europa e il Mediterraneo, la città rivendica la sua eredità austroungarica e il suo operoso spirito “calvinista” forgiando un’immagine di sé che si discosta dai cliché sugli italiani. Perché «i milanesi tra gli italiani, sono i più simili ai tedeschi. E grazie a questo mix di eredità, siamo una delle quattro Regioni più ricche d’Europa», spiega Noci.

Work, live and play

Se c’è un ambito che non è stato rallentato dalla pandemia e che predispone la città a risollevarsi rapidamente, è quello delle costruzioni e dei cantieri. Milano conta numerosi grandi progetti di recupero, che trasformano le aree industriali dismesse o le periferie fino a quel momento poco apprezzate in altrettanti “villaggi urbani”, presi d’assalto dagli smart workers e dalle loro famiglie in cerca di appartamenti più grandi e di spazi verdi. Per rispondere a questa domanda crescente, i nuovi progetti di immobili a uso ufficio e di quartieri di affari sono rivisitati a vantaggio di ecoquartieri che offrono appartamenti, spazi di lavoro e commerciali, in un ambiente verde.

«I business park che si svuotano la notte, non ci saranno più. I giovani vogliono un mix di servizi in cui trovare appartamenti, bar e ristoranti. Noi siamo nell’era del Work, live and play», riassume Andrea Ruckstuhl, direttore Europa, Medio Oriente, Africa (Emea) di Lendlease, operatore immobiliare specializzato nella ristrutturazione dei quartieri. Lendlease applica il suo modello nei quartieri del neonato Milano Innovation District (Mind) e di Santa Giulia. Il settore del digitale, anch’esso condizionato dalla crisi sanitaria, imprime un’accelerazione all’economia milanese paragonabile a quella che ha seguito l’Expo 2015. Lo smart working ha generalizzato il ricorso ad applicazioni digitali per videoconferenze, per condividere documenti, ecc e aumentato l’utilizzo del cloud.

«La pandemia si è tradotta in un vero e proprio tsunami digitale. All’improvviso, si è aperto il cassetto con tutti i progetti innovativi. L’Italia sta recuperando il ritardo accumulato in questo ambito, soprattutto le grandi imprese, più lente a evolversi», sottolinea Emmanuel Becker, direttore generale di Equinix Italia, che gestisce data center che connettono fra loro imprese, grandi compagnie telefoniche, i protagonisti del cloud… Già al cuore degli scambi economici della penisola, Milano diventa un nodo per gli scambi digitali delle imprese e dei cittadini del Paese. Per rispondere ai crescenti bisogni della connessione, Equinox ha del resto avviato nel luglio 2020 la costruzione di un quarto data center nella periferia di Milano, a Settimo.

Nel febbraio 2020, Milano è stata la prima città del mondo occidentale a chiudere le sue università, che hanno dovuto adottare la didattica a distanza. In seguito, l’università Bocconi ha integrato nuove pratiche. «L’unico aspetto positivo del Covid è che si è compresa l’utilità e la potenza del digitale», afferma Gianmario Verona, rettore della celebre università di economia e management. Questa svolta digitale ha travolto l’insegnamento sia nelle modalità sia nei contenuti. Al rientro, nel settembre 2020, l’università ha adottato il modello ibrido, alternando corsi a distanza e in presenza. «In futuro, sarà questo il modello prevalente, perché la didattica in presenza resta molto importante. Ma il digitale porta nuovi vantaggi, come la personalizzazione, ovvero la possibilità di far progredire ciascuno studente negli ambiti in cui è più carente, piuttosto che fargli seguire un corso generale per prendere la sufficienza». La digitalizzazione del mondo accademico dà ugualmente accesso ai contenuti a un grande numero di studenti. Così, la Bocconi ha organizzato online l’edizione 2020 della conferenza dell’Economic Society, che si tiene ogni quattro anni in un’università diversa e generalmente riunisce tra le 1 500 e le 2 000 persone. «L’avvenimento, che si è interamente svolto online per la prima volta, è stato seguito da 5 000 persone, tra cui molte che, normalmente, non hanno i mezzi per pagare la trasferta», sottolinea Gianmario Verona. La pandemia ha anche colpito i contenuti su tre temi: l’informatica, la sostenibilità e l’interdisciplinarità. La Bocconi si è dotata di un dipartimento di Computer Science e propone delle lauree che combinano matematica, informatica e intelligenza artificiale all’economia e al management. Il tema trasversale della sostenibilità ha permeato ormai tutti gli indirizzi, dal management al giuridico, passando per il finanziario. «Il virus ci ha mostrato l’importanza dell’interdisciplinarità. Prendiamo il vaccino: è un problema di scienza, ma anche di logistica, finanza, sociologia… E questo dovrebbe portarci a una flessibilità maggiore sulle lauree, ossia ad aprirsi delle strade tra una disciplina e l’altra», conclude Gianmario Verona.

Fondata tre anni e mezzo fa, Planet Farms lancia la sfida della coltivazione idroponica dalla sua prima “fabbrica” di ortaggi, a Cavenago, alla periferia di Milano, che lo scorso 11 marzo gli è valso il Premio nazionale per l’Innovazione in agricoltura di Confagricoltura. Il suo obiettivo, spiega Daniele Benatoff (sotto, a destra) co-Ceo insieme a Luca Travaglino (sotto, a sinistra) dell’azienda, è «ottenere in tutte le stagioni una produzione di massa di ortaggi di qualità a prezzi di mercato vicino al consumatore». La densificazione verticale, grazie alla sostituzione del sole con i Led, consente di risparmiare suolo e di aumentare la produttività per ettaro. «La catena di approvvigionamento è interamente integrata nel processo, il che consente la completa tracciabilità del prodotto, oltre a ridurre sensibilimente l’emissione di CO2», prosegue Benatoff. Se l’iniziativa di Planet Farms, in ambiente urbano, è inedita in Italia, è parte di un movimento diffuso soprattutto in Asia e in particolare in Giappone, che da solo assorbe il 90% della produzione mondiale. «Oggi coltiviamo più di 90 varietà di insalate ed erbe aromatiche e siamo in fase di ricerca sui frutti rossi», spiega Chiara Tenconi, direttrice della ricerca. E prosegue: «Tutto il processo è automatizzato, adattabile alle sementi e controllato attraverso parametri captati dai sensori: temperatura, umidità, circolazione dell’aria, CO2, esposizione alla luce. Così gestiamo i tempi della fotosintesi, simulare il ciclo notte/giorno e ottenere le combinazioni di luce più adeguate».

Mind Innovation District oggetto di rigenerazione nella periferia della città.

La bocconi è una delle università più prestigiose d’Italia ha inaugurato nel 2008, è uno dei suoi edifici più celebri

Alla fine del 2019, lo studio sanaa ha ultimato un nuovo campus

Nonostante tutto, Milano rimane una città attraente

Per aiutare la sua economia a ripartire rapidamente, Milano dispone tuttavia di un asso nella manica supplementare. A fine febbraio, la Commissione europea ha dato il suo via libera al riacquisto da parte di Euronext – per 4,3 mld di euro – della piazza borsistica lombarda, fino a quel momento di proprietà del London Stock Exchange. Riacquistando la borsa di Milano, Euronext, che gestisce già sei piazze borsistiche in Europa, tra cui quella di Parigi, diventa la principale infrastruttura del mercato paneuropeo. Questa operazione, che mostra come sia tornata la fiducia nei confronti del mercato finanziario italiano, contribuirà a ridinamizzarla. «Milano è il centro di gravità del Paese. Essendo lì presenti, noi siamo vicini alle banche d’affari, agli investitori, ai media, alla Borsa e ai nostri clienti», specifica Marco Nespolo, direttore generale di Fedrigoni. Questo gruppo cartario, la cui sede storica è a Verona, è stato riacquistato nel 2018 da Bain Capital, che ha iniziato a ristrutturarlo e a rilanciarlo, soprattutto attraverso nuove acquisizioni.

Alla fine del 2020, Fedrigoni ha aperto degli uffici a Milano, nel nuovo quartiere di Porta Romana, vicino alla fondazione Prada. «La città offre un vivaio di talenti importante. Se vogliamo attirare candidati stranieri, giovani, e farli lavorare insieme, Milano è più attraente di Verona!», conclude Marco Nespolo. Malgrado la crisi sanitaria, la città sembra decisa a trovare la ricetta per non perdere la sua attrattiva: guardare verso l’avvenire, scommettere sull’innovazione e la conoscenza, favorire l’interdisciplinarità e l’apertura verso l’internazionale. Una strategia esclusiva che rischia di diventare escludente.

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