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Roma, pit stop per milanesi

Roma è una lasagna: tutta a strati, facile da amare, a volte difficile da digerire. O almeno questo è il mio modo di leggerla e di darle un senso, soprattutto da quando ci vivo. L’ho scoperta con le gite della parrocchia, l’ho studiata e visitata da studente di Storia dell’Arte, ma dopo l’università scelsi Milano. Se Roma era un sogno esotico, Milano era un modello ideale per sperare di “farcela”, costruendo una carriera tra giornalismo, moda e design. Mi sono riconosciuto subito nella sua bellezza asciutta, nella facilità di movimento fisico e sociale, nel nitore che ho trovato nelle idee e nelle persone. Milano – mi dicevo – è perfetta per me. Ma l’amore mi ha tolto questa certezza. Il castello del mio principe azzurro era all’Eur e la sua carrozza era una Frecciarossa che ci ha portati avanti e indietro per quasi dieci anni. La romanità ha iniziato a entrarmi sottopelle piano piano e il senso di casa è cresciuto grazie alle piccole scoperte, dal cibo alle passeggiate, dai panorami improvvisi ai piccoli musei senza file. Nel 2015, nell’anno in cui Milano diventava il centro del mondo con Expo, la mia casa è diventata Roma. Molti amici e colleghi si chiedevano se avrei resistito a lungo in una città così diversa, ma il mio innamoramento per Roma era ormai irreversibile. Ho iniziato a invitare amici milanesi dandomi a una sola missione: far innamorare anche loro. E un po’ per gioco, un po’ per sfida, ho iniziato a dire che mi sarei specializzato in una nuova materia: “Roma per milanesi”. Per amare Roma devi amarne ogni strato, dalla crosta croccante alla pasta gommosa che tocca la teglia, passando per la viscosità della besciamella e i pezzetti di ragù. Per questo ogni esperienza in giro per la città deve creare piccoli contrasti, passaggi di scala, di tempo e di senso, che alla fine lasceranno un sapore perfetto. Si può partire dalla chiesa di Basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, perfetta stratificazione su stratificazione. Si attraversa la navata e si presenta una doppia possibilità: salire di nuovo verso l’altare maggiore o scendere nella cripta. Da quest’ultima si scende al Titulus Equitii, un grande spazio che ha avuto molti usi, da magazzino a cappella. Troviamo tanti reperti poco sontuosi, anzi, sembra di entrare nei sotterranei di un palazzo da ristrutturare. Ma non è finita e una scala porta ancora più in basso, in una stanza dove non c’è nulla tranne il silenzio. Ormai non sappiamo più di quanto abbiamo affondato la forchetta nella lasagna. Uscendo dalla basilica e svoltando a sinistra si arriva da Drink Kong, il miglior cocktail bar d’Italia e 33esimo al mondo secondo 50 Best

il claim della rassegna romadiffusa: installazioni, concerti, performance.

Il nero assoluto tagliato da lame di luce colorata sa di Giappone e di Tron. Accomodatevi a uno dei tavoli (meglio prenotare) e studiare il menu, un piccolo capolavoro di ricerca (merito di Patrick Pistolesi) e di grafica (a cura di Lord Z). Sembra un catalogo, che nei mesi cambia e si aggiorna come fanno le mostre in un museo o le programmazioni in un teatro. Anche qui c’è uno spazio nello spazio. Non è una cripta ma il Nite Kong, dove la musica è dal vivo, il vino e lo champagne sono protagonisti, il tempo si sospende e gli sguardi si fanno più languidi. Roma è città eterna ma anche odierna. Ce lo ricorda Caterina Fantetti – criminologa, attivista e poeta – in un poster disegnato con Santomanifesto per Romadiffusa, realtà che ben raccontano l’oggi romano. Qui non è facile uscire dalla narrazione che vede il passato dappertutto. C’è ed è necessario. Tuttavia, lo sguardo esterno spesso si sofferma su colonne spezzate e busti di marmo, senza cogliere lo strato successivo. Difficile scalzare l’eterno con l’odierno, ma le energie ci sono e si muovono. Per questo porto spesso gli amici milanesi alla Centrale Montemartini, dove archeologia classica e industriale si sposano. Statue, mosaici e reperti d’ogni tipo hanno di sfondo cisterne e turbine di un’ex centrale elettrica. Un contrasto anche milanese, soprattutto durante il Fuorisalone, magari quando Alcova prende una vecchia fabbrica e la popola di opere di giovani designer. Ma a Roma il temporaneo (del design) cede il passo al permanente (dell’arte), i prototipi (in stampa 3D) agli archetipi (in marmo). Per scoprirlo, seguite via di Monserrato partendo da Piazza Farnese. Ci si può perdere tra negozi, ma senza saltare Il Paralume, Chez Dédé, Maison Halaby e Spazio Giallo. Mentre in via dei Banchi Vecchi, ecco gallerie di antiquariato e modernariato (come Industrial Garage e Ferretti & Guerrini) accanto a luoghi come Spazio Mala. In poche centinaia di metri si assapora l’eclettismo stratificato del design romano, dove il senso scaturisce dalla mancanza di purezza, dall’accostamento di tempo e di rango, tra ricchezza assoluta e oggetti da mercatino. E in bocca un gusto sublime. Ai milanesi in trasferta mi diverto a chiedere: «Lo sapevi che a Roma i pastori vanno al lavoro con la metro?». Se partiamo da Termini con la metro A e scendiamo a Colli Albani, con pochi passi entriamo nel Parco della Caffarella. In mezz’ora ci troviamo nel Parco Regionale dell’Appia Antica, una meraviglia di 4 580 ettari, l’area urbana protetta più grande d’Europa. Si trova qui il Casale della Vaccareccia con pecore al pascolo, cani e pastori. In città e in campagna, in metro. Un’altra mezz’ora di cammino e siamo alla Garbatella, dove l’architettura è magia e le persone ti sorridono per strada.

spazio giallo, un laboratorio creativo urbano di arte, design, musica, danza, dallo scorso maggio in campo de’ fiori, all’interno di una chiesa sconsacrata.

spazio mala è un contenitore multidisciplinare su due livelli per fare dialogare passato e presente, industria, artigianato, design e arte contemporanea.

i galleria t293, in via ripense, nello storico quartiere di trastevere, ospita mostre di artisti internazionali

O sbuffano perché negli ultimi anni c’è troppa gente che fotografa cortili, facciate, il teatro Palladium e i celebri lotti dell’Istituto Case Popolari. A proposito di case, a Roma gli annunci delle agenzie del centro sono un genere letterario. Può capitare di vedere in via dell’Orso annunci come: “Villa esclusiva del XVI secolo con all’interno unica e inestimabile opera d’arte del Caravaggio. Immensi e splendidi giardini”. Non tutti ne possono godere, ma chi passa per Roma s’aspetta d’ammirare certi capolavori ai Musei Vaticani o alla Galleria Borghese. Suggerisco però il raccoglimento di Galleria Spada e di Palazzo Barberini: code assenti, maestri assicurati. C’è poi un altro strato di lasagna artistica, quello croccante contemporaneo del mainstream di Gagosian, dei giovani artisti che scova T293 o delle sorprese dell’Istituto Centrale per la Grafica. Tutto “aggratis” (cit. Misteruniquelife). Quando resta un po’ di tempo, soprattutto con gli amici appassionati di moda e design, vale la pena un tuffo nel vintage, magari da Pifebo o da Moll Flanders; o al Mercatino dell’Usato di San Giovanni o di Porta Maggiore. Non si deve per forza andare in cerca della firma o del grande autore (che pure può capitare), ma ricercare l’unicità, l’originalità, “la stranezza”: facile vestirsi per interpretare un personaggio o comprare oggetti che trasformano casa in un set. D’altronde siamo nella città del cinema. Anche questo è uno strato da provare della grande lasagna romana.

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