VibrationsUnderwater wines, i vini invecchiati sott’acqua

Underwater wines, i vini invecchiati sott’acqua

Produttori ed enologi già tuffatisi nel mondo dei vini sommersi – noti internazionalmente come underwater wines – son disposti a giurarlo: tre mesi d’affinamento subacqueo corrispondono per efficacia e attribuzione d’eleganza a sei anni d’evoluzione sulla terraferma. Perché laggiù, che sia il fondo del mare oppure un lago, il buio è completo. La temperatura è costante, spesso tra i 10 e i 13 gradi. L’ossigeno è presente, certo, ma è imprigionato nelle molecole d’acqua e lo scambio aereo col nettare è impossibile. E inoltre il vino, che è cosa viva, pur nel riposo percepisce il moto costante degli elementi intorno e permette che le sue caratteristiche organolettiche vengano eccitate. Ma quest’ultima, più che scientifica, è opinione antroposofica e steineriana. Per quanto il remuage (la pratica d’inclinare le bottiglie di metodo classico per far convogliare i residui verso il tappo) è arcinoto, nonché necessario e da realizzare meccanicamente in cantina. Mentre il moto ondoso degli abissi, cullando le bottiglie, lo realizza con precisione e romanticamente e da sé.

La Spagna è la pioniera degli underwater wines

Punti di vista tra lo scientifico e lo sperimentale che non scoraggiano tentativi e successi che si stanno ottenendo ovunque: Spagna pioniera, Italia al seguito, e poi Francia, Croazia, Cile, Stati Uniti e Sudafrica. Un’idea, quella di cantinare il vino nelle profondità, nata in asta e soprattutto in avventura, grazie al ritrovamento nei relitti naufragati nel mar Baltico di alcune casse di champagne, dirette a fine Ottocento verso la corte zarista a San Pietroburgo, perfettamente conservate anche dopo centosettant’anni. Condizioni ricreate oggi meno traumaticamente (ma non sempre…) riponendo gabbie d’acciaio sui fondali, per l’affinamento non solo di bollicine (all’interno delle bottiglie spumantizzate la pressione è di circa 5 bar, simile a quella che si trova oltre i 40 metri di profondità, circostanza che azzera le forze e affina le bolle) ma anche di bianchi profumati e rossi densi.

Gli underwater wines garantiscono un gran risparmio energetico

Più che di corpo, insomma, una vera e propria questione di fisica e chimica: «Anche l’assenza di luce gioca un ruolo importante», spiega Gianluca Grilli della Tenuta Del Paguro, che fa dondolare le sue bottiglie nel relitto di una vecchia centrale metanifera al largo di Porto Corsini, inabissatasi nel 1965 dopo un’esplosione e diventata casa per astici, scorfani, ostriche e granchi: «Di fatto, a 35 metri di profondità, il vino entra in uno stato simile all’ibernazione: questo gli permette di riposare, ricevere i benefici ambientali, e liberarli poi in maniera esplosiva». Se con gli spumanti si realizza l’azzeramento di pressione tra interno ed esterno, coi vini fermi il processo è contrario: la colonna d’acqua agisce sul tappo, dolcemente e perennemente lo muove, e contemporaneamente comprime il vino fino al momento della sua emersione, quando rilascerà la forza trattenuta. In più, sul versante packaging, c’è il design naturale che l’acqua progetta sulle bottiglie grazie al fenomeno del fouling, col vetro che si ricopre lentamente di “ghirigori” e incrostazioni salmastre.

«Essere di nicchia è la carta vincente»

Circostanza che a Santa Barbara ha fatto scagliare gli ambientalisti e la guardia costiera contro la cantina sommersa Ocean Fathoms, inorriditi all’idea che le patelle appigliate alle bottiglie subissero nella riemersione una forma di morte vanesia e non rispettosa. Ma mentre altrove si polemizza, in Italia si fa ricerca. Jamin Portofino è una società a carattere scientifico ed enologico, nata per offrire soluzioni e tecnologie per il cantinamento subacqueo: «Prima i vini biologici, poi i biodinamici, quindi i vini naturali, i vegani, i vitigni dimenticati, gli orange wines e ora gli underwater wines», argomenta il fondatore Emanuele Kottakhs. «Nel mondo del vino, essere di nicchia è la carta vincente». E in più c’è il tema dell’impatto ambientale: «In mare non si ha bisogno di locali dedicati, né tantomeno di climatizzazione e lavorazioni meccaniche. Il risparmio energetico, nel buio degli abissi, diventa chiaro come il sole».

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