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L’Ue contro il fast fashion: dal 2030 solo capi d’abbigliamento riciclabili e sostenibili

In Europa, la moda è la quarta industria per produzione di emissioni inquinanti, la terza per spreco di acqua e la quinta per sfruttamento di materie prime. Stando a una ricerca pubblicata nel 2020 sulla rivista Nature Reviews Earth & Environment, questo settore è responsabile di circa l’8-10% delle emissioni globali di CO2 (4.000-5.000 milioni di tonnellate all’anno). Per far spazio alle nuove collezioni, i grandi brand di abbigliamento buttano, bruciano o abbandonano nei magazzini la merce invenduta. Non a caso, secondo l’Onu, tra il 2000 e il 2014 la produzione di vestiti nel mondo è raddoppiata. Si tratta di dati che danno sostanza al problema del fast fashion, che l’Unione Europa (Ue) ha deciso di contrastare tramite un nuovo pacchetto di norme pensate per rendere la moda più sostenibile sotto ogni punto di vista. La Commissione europea ha presentato una strategia mirata ad allungare il ciclo di vita dei capi d’abbigliamento, favorendone il riciclo, la riparazione e il riutilizzo. In più, l’Ue vuole porre un freno all’iper-produzione di vestiti, garantendo che la distruzione dei tessuti invenduti e la loro creazione avvengano nel rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.  

Un Digital Product Passport contro la fast fashion

La Commissione europea interverrà principalmente alla radice, dunque a livello di progettazione dei capi d’abbigliamento. Verranno infatti stabiliti dei nuovi requisiti per rendere i vestiti resistenti, affidabili e riutilizzabili, oltre che più facili da riciclare. I beni ritenuti a norma saranno dotati di un Digital Product Passport comunitario, che “semplificherà la riparazione o il riciclaggio dei prodotti e faciliterà il tracciamento delle sostanze dannose lungo la catena di approvvigionamento”. La proposta dell’UE contiene anche delle misure – che verranno annunciate in seguito – per limitare la distruzione dei capi invenduti e incentivare (in termini fiscali ma non solo) i marchi più green e che lanciano sul mercato meno collezioni. Il pacchetto di norme, si legge sul comunicato della Commissione, “definirà progressivamente i requisiti per ciascun prodotto o gruppo di prodotti, evitando legislazioni divergenti tra gli stati membri”.

Gli obiettivi per il 2030

Entro il 2030, tutti i capi d’abbigliamento immessi sul mercato dell’Ue dovranno essere “longevi, riciclabili, realizzati il più possibile con fibre riciclate e senza sostanze pericolose”. In un secondo momento, verranno anche stabilite delle misure per contrastare il rilascio di microplastiche dai tessuti. Quelle che all’apparenza sembrano regole generali (diventeranno più specifiche in sede parlamentare), fanno parte in realtà della prima strategia dell’Ue per combattere la fast fashion. Ogni anno, specifica la Commissione, in Unione europea vengono buttati circa 5,8 milioni di tonnellate di tessuti (11 chilogrammi di materiale a persona): imporre una normativa comune (e vincolante) a tutti gli stati potrebbe essere un passo avanti importante verso una nuova sensibilità da parte di aziende e cittadini.

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