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Come il modernariato sta cambiando grazie a Internet.

Le quotazioni del design hanno raggiunto cifre spiazzanti. Ormai ci sono mobili che costano quanto immobili. Un esempio è la coppia di cassettoni di Gio Ponti che in un’asta a Londra ha raggiunto i 681 500 €. O il letto Nobody’s Double Bed di Gaetano Pesce che nel settembre 2023, da Sotheby’s Italia, è stato battuto a 114 300 €, un prezzo 14 volte superiore la stima massima che era di 8 000 €. Certo, unicità o tirature limitate aggiungono valore agli oggetti. Ma cifre fuori misura riguardano anche pezzi che erano stati pensati per una produzione in moltissimi esemplari, come le cassettiere disegnate da Gio Ponti per la ditta americana di arredamento Singer & Sons o per l’italiana Dassi, passate a circa 60 000 € a un’asta di Cambi nel 2018. O come la celeberrima chaise longue basculante B306 (poi Lc4) progettata nel 1928 da Le Corbusier con Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand: a un’asta di Sotheby’s uno dei primi esemplari prodotti dalla Thonet è stato presentato con una stima tra i 120 000 – 180 000 €, mentre il medesimo modello prodotto da Cassina (in licenza esclusiva) si trova oggi online a meno di 3 000 €. Non è forse un paradosso trattare in asta i pezzi di disegno industriale come fossero irripetibili capolavori d’ebanisteria? Forse sì, infatti c’è chi dice che il sistema comincia a scricchiolare, temendo che le aggiudicazioni s’arrestino.

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lo showroom in stile secessione viennese di freak andò

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lo showroom in stile biedermeier, art déco di freak andò

A crescere sempre di più, invece, è il successo di un nuovo fenomeno: realtà di vendita che si pongono come alternative sia alle aste sia alle tradizionali gallerie. Si tratta di negozi fisici, gallerie su Instagram e siti di e-commerce la cui riuscita, negli ultimi anni, è cresciuta forse proprio in reazione all’impazzimento dei prezzi all’incanto. Fa il punto della situazione Daniele Lorenzon, mercante di design e titolare di Compasso Gallery (in via Casarsa 9 a Milano; @compasso_gallery): «Il mercato è stato inondato di oggetti di design, molti italiani, un tempo introvabili. Fino al 2013 si tenevano una ventina di aste all’anno, oggi si arriva a 80. Sono aumentate oltremisura le stime dei pezzi; si è moltiplicata la quantità di lotti presentati; e c’è stato un crescendo di sopravvalutazioni, anche per designer che un tempo avevano poco appeal. Tutto ciò ha gettato molta polvere negli occhi: dei collezionisti, dei commercianti, e delle case d’asta stesse. Tutti si sono fatti ingolosire da una bolla, che ora sembra sul punto di scoppiare». Parlare di bolla non è fuori luogo. Il sistema delle aste, avido di nuovi segmenti di mercato, ha applicato le regole speculative dell’arte contemporanea a nuovi settori: la moda vintage, gli orologi, le automobili, e – appunto – il design. Ma Lorenzon avverte: «Nelle aste dell’ultimo anno e mezzo i prezzi sono calati e sono aumentate le percentuali di invenduto. Negli acquirenti c’è una sensibilità crescente nel chiedere ai pezzi di design di essere parte della vita quotidiana, non oggetti di mera speculazione. Ciò significa un ritorno alle intenzioni originarie di progettisti e decoratori». Per restituire giustizia agli intenti di questa disciplina, però, è necessario proporre listini non speculativi. «Compasso Gallery, che ha un focus sul design che va dagli Anni 50 agli 80, mantiene prezzi stabili, che non fluttuano», spiega Lorenzon, che conclude, «cerchiamo di applicare criteri oggettivi. Nel fare le stime, scartiamo il valore più alto e il più basso che un tipo di oggetto ha raggiunto in asta, e fissiamo il costo a una media ponderata». Una democratizzazione dei prezzi è avvenuta anche grazie a Internet, che ha allargato la platea degli acquirenti. La galleria Tempi Moderni Design, che tratta pezzi storici ed è specializzata in illuminazione di designer italiani degli Anni 50 e 60, ha una sede fisica in via Seneca 6 a Milano, ma vive online. «Il negozio non attira nemmeno il dieci per cento dei miei clienti», dice il fondatore Massimo Taccani, «Vendo su Instagram (@tempi_moderni_design) e ovunque si possa arrivare con le piattaforme digitali, da eBay a Pamono a Facebook. I miei pezzi sono per un target medio-alto, e vanno per l’80% all’estero: a privati, commercianti e case d’asta». A Bologna c’è Freak Andò, che da 35 anni ha il suo showroom in un chiostro del ’500 in via delle Moline 14/c. Con i suoi arredi Biedermeier, Art déco e Secessione viennese ha sempre lavorato con rivenditori e gallerie, noleggiando anche oggetti e arredi per il cinema (da Pupi Avati a Marco Bellocchio). «Da qualche anno, grazie Instagram (@Feak_Ando), il giro d’affari è esploso, e si è allargato a una nuova clientela di privati», spiega il fondatore Maurizio Marzadori.

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poltrona firmata pierre paulin per to-do gallery.

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ettore sottsass per poltronova

Anche mete storiche trovano nuovi canali di vendita online. Da L’Isle-sur-la-Sorgue, in Provenza, capitale francese dei mercatini delle pulci, viaggiano su Instagram i pezzi storici di design francese da decine di account come @cabanon_design e @50Cinquante. In Italia Mercanteinfiera, la più grande fiera di modernariato nel nostro Paese (si terrà dal dal 2 al 10 marzo a Parma), ha aperto un marketplace (mercanteinfiera.com) attivo tutto l’anno. Molti rivenditori, inoltre, hanno scelto di abbandonare la sede fisica. Nel 2022 è nato 491 Projects (491projects.com), sito di e-commerce lanciato dalla storica dell’arte e art dealer Louise Calté, che vende design dal gusto pop e organizza mostre itineranti a Parigi e Londra. «La collezione comprende soprattutto arredi, ceramica e oggetti di vetro», spiega Calté. E aggiunge: «Non c’è un focus su un periodo storico in particolare. M’interessano tutti quei progettisti che tra gli Anni 60 e 80 hanno dato forma all’interesse della società per la libertà e l’innovazione». Soltanto online è anche la raffinata selezione di To Do gallery (@To.Do.gallery). Il suo fondatore è Davide Loddo, che dopo una carriera da architetto d’interni nello studio di Paola Navone ha trasformato la sua esperienza in un’attività commerciale e propone design anonimo e arredi firmati degli Anni 50 e 60: «Lavoro su Instagram Business, la sezione del social dedicata alle aziende. Grazie alle sponsorizzazioni riesco a raggiungere target mirati. Inoltre, uso siti-contenitori per commercianti come Pamono e Vinterior». Sono diverse le piattaforme attraverso le quali i nuovi galleristi riversano i loro articoli: da 1stDibs.com, per un target di fascia medio-alta, ai più accessibili Selency.co.uk, Decorativecollective.com, e Marketplace di Facebook. C’è poi un’intera galassia di negozi indipendenti su Instagram. A volte sono semplici amatori che offrono anche solo pochi pezzi, dal modernariato alle antichità.

Per fare un esempio, si trovano oggetti decorativi e ceramiche (@perfectenglishstuff); arredi rustici dell’Europa dell’Est (@johncornallantiques); panche ungheresi (@pato_interiors); Art déco (@reptonandco); insegne di latta Anni 60 (@mercatinuk). Più mirati sul design storico sono @max_keys, @officinanovecento, @evergreen.vintage.design, e @cherubsetc. Per chi volesse cimentarsi comunque nelle aste, il consiglio è di aspettare che siano terminate. È possibile consultare online l’elenco dei lotti invenduti e fare un’offerta (anche solo via e-mail) vicina alla stima di partenza. A volte si può strappare un prezzo più basso. Parecchio design passa dalle italiane Cambi, Bertolami Fine Art, Pandolfini, Finarte, Wannenes, Boetto e Sant’Agostino. Dal sito the-saleroom.com, invece, si tengono d’occhio i calendari delle aste di tutto il mondo.

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