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Cinema

I nuovi cinema in paradiso

“Essere qui è un omaggio al teatro e alla resistenza”, dice Corrado D’Elia. Potremmo aggiungere che è un omaggio anche al cinema. Insieme a D’Elia, attore e regista teatrale che si trova al Teatro Spazio Tertulliano – un centinaio di sedie in legno in un ex capannone industriale non lontano da Piazzale Corvetto, a Milano – per la presentazione della stagione teatrale 2025, c’è anche Anastasia Plazzotta, fondatrice e Ceo della società di distribuzione indipendente Wanted Cinema. È qui perché il suo Wanted Clan, “spazio di cinema e idee”, nato proprio al Tertulliano nel 2016, dopo anni di girovagare, trasferimenti e dolorose chiusure, sta tornando a casa per essere “un cinema di quartiere, popolare, luogo di incontro e di condivisione”. Un’esperienza che Plazzotta, facendo eco a D’Elia, definisce “rivoluzionaria”. In effetti, quella del Wanted Clan non rappresenta solamente la riapertura di un cinema, ma anche una vera e propria presa di posizione – un atto di resistenza, appunto – contro la crisi delle sale cinematografiche.

L’ultimo spettacolo

Era il 1971 quando Peter Bogdanovich presentava nelle sale americane il suo The Last Picture Show, in uno splendido bianco e nero suggerito nientemeno che da Orson Welles. Il film racconta la chiusura di una sala cinema di periferia nella cittadina immaginaria di Anarene, Texas, nei primi Anni 50, mettendo in scena la decadenza e le solitudini della provincia in una riflessione nostalgica sul declino delle piccole sale cinematografiche. Lo si potrebbe dire premonitore di una crisi del cinema e delle sale che oggi appare quasi inevitabile; in realtà ne coglie i prodromi, o perlomeno le avvisaglie: arrivava la Tv, diminuivano gli spazi per la socialità mentre cresceva strisciante l’individualismo, le province iniziavano a svuotarsi e così con loro i cinema. Certo, ancora nulla a che vedere con il momento attuale, che ai decenni di sale abbandonate e alla concorrenza della Tv ha dovuto sommare la sfida impari delle piattaforme di streaming: economiche, comode, accessibili, con una selezione di contenuti spesso amplissima. E poi la pandemia, che ha ulteriormente aggravato le difficoltà generalizzate dei cinema, le chiusure e l’abbandono delle sue sale anche e soprattutto da parte del pubblico. Una crisi confermata dai dati raccolti da Anica e Cinetel, secondo cui nel 2023 in Italia si contavano circa 1 000 cinema per 3 200 schermi, 2 000 schermi in meno rispetto a 20 anni fa. Tradotto, meno spettatori e meno incassi: nel 2019 – pre-pandemia – i biglietti venduti erano quasi 100 mln per un incasso di oltre 600 mln di €, mentre nel 2023 le presenze arrivavano a 70 mln, con incassi di circa 500 mln di €. Ancora il 16% in meno rispetto al 2019, con una ripresa significativa rispetto ai periodi più critici della pandemia, ma lontani dai numeri che la precedevano. Enormi perdite trasformabili in comodi guadagni per i proprietari: d’altronde i cinema si prestano perfettamente a trasformazioni urbanistiche. Si chiude una sala, si apre un supermercato, un centro commerciale, un hotel, una sala bingo. Chi ne esce sconfitto sono le città, i quartieri e le persone che li abitano, che dicono addio a un punto di aggregazione, di cultura e a un sistema di memoria, storia e patrimonio culturale.

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interni della cineteca matadero, a madrid.

sala odeon, a firenze, si sviluppa attorno alla libreria e spazio espositivo giunti.

Chi chiude e chi apre

D’altronde, questa tendenza generale nasconde tante piccole storie. Molte – moltissime – sono di chiusure: a Roma sono addirittura più di 100 le sale cinema che hanno chiuso o al più si sono trasformate negli ultimi anni. Secondo gli architetti Lorenzo Busnengo e Paolo Verdeschi «la situazione romana richiede un’attenzione particolare, che fin qui è mancata. Alcune strutture, per ragioni di mercato, sono state trasformate in multisala. Molte altre sono state sostituite da supermercati e sale bingo». È successo per esempio ai cinema Luxor e Clodio divenuti supermercati, all’Academy Hall e l’Astor che sono sale bingo o all’Archimede oggi hotel e all’Ausonia che ospita una sinagoga. Alcuni demoliti e trasformati in altro, altri lasciati abbandonati e ancora chiusi. Come il Fiamma, che ai bei tempi ha ospitato le prime di due capolavori come La Dolce Vita e di Fellini: acquistato a giugno 2022 dal Centro Sperimentale di Cinematografia, è già stato messo in vendita; e come altre nove sale storiche della Capitale – Empire, Reale, Roma, Royal, Excelsior, Ambassade, Virgilio, Adriano e Atlantic – che sono state messe all’asta. A Milano non va meglio, secondo i dati di Anec Lombardia: se negli Anni 70 si contavano 160 cinema, oggi siamo passati alle 29 attuali strutture, in gran parte multisala, per un totale di 100 schermi cittadini. Dove non attecchisce la moltiplicazione delle sale, spesso si chiude. Così, il Cinema Maestoso è ora una palestra Virgin Active e l’Apollo ospita il flagship store Apple. Mentre l’ex Cinema Nuovo Arti diventerà la seconda sede italiana di Soho House, dopo la prima apertura a Roma nel 2021. Ma la più recente e dolorosa resta la chiusura dell’Odeon: multisala Art Déco del 1929 a due passi dal Duomo, che diventerà la beauty hall di Rinascente. Si chiude anche fuori dalle grandi metropoli: i pochi che riaprono o si spera riapriranno sono il Cinema Nazionale di Molassana (Genova) e l’Edison a Parma dove i lavori per il recupero, dopo decenni di abbandono, fanno notizia. Come l’ha fatta a Milano la riapertura del Cinema Arlecchino sotto la gestione della Cineteca Milano, dopo alcuni mesi di stop, e quella a Roma del Cinema Nuovo Aquila al Pigneto, appartenuto negli Anni 70 alla Banda della Magliana, e oggi ripensato come centro culturale di quartiere. Come lui l’ex Cinema Impero, oggi Spazio Impero, a Tor Pignattara, che sulla facciata ricorda con un murales i “ragazzi” del quartiere: ci sono Mario Monicelli, Anna Magnani, Sergio e Franco Citti, Pasolini.

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l’elegante facciata art déco, color oro e verde, del teatro tuschinski ad amsterdam.

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il grand rex di parigi è il cinema con la sala cinematografica più grande d’europa.

I cinemoni

Insomma, l’industria cinematografica italiana ha bisogno di trovare un nuovo equilibrio. Fatto soprattutto di multisala e grossi cinema: i dati Cinetel raccontano che nel 2023 i multiplex (più di cinque schermi) hanno raccolto oltre il 70% degli spettatori, mentre i monosala hanno superato a stento il 10%. Una tendenza di lungo periodo che premia quindi i giganti, che coprono quasi i tre quarti delle presenze e ben oltre la metà degli schermi totali. Su tutti, la fanno da padrone Uci Cinemas e The Space Cinema, che insieme fanno il 36,5% delle presenze puntando sull’innovazione, la tecnologia ed esperienze premium e personalizzate. Obiettivo: valore aggiunto della sala rispetto alla visione domestica. Si fa con sale Imax, che offrono immagini ad alta definizione, schermi curvi e molto più grandi della media per creare un’esperienza immersiva, o Dolby Cinema, con qualità audio e video superiore, poltrone reclinabili e uno spazio più confortevole. O anche la più futuristica 4Dx, che ad audio e video aggiunge poltrone in movimento, spruzzi d’acqua, folate di vento. Un’esperienza multisensoriale che in Italia ancora deve arrivare: la più vicina è al CineStar di Lugano. Da noi, il Cinema Arcadia di Melzo è il più all’avanguardia, la sua sala Energia è stata premiata nel 2017 come migliore d’Europa dall’International Cinema Technology Association: 630 posti, schermo di 30 m, impianto audio immersivo, comfort delle poltrone. Gli fa concorrenza Anteo Palazzo del Cinema, storico punto di riferimento culturale milanese, che accanto alle proiezioni d’autore e agli eventi culturali punta sulla realtà virtuale: 20 sedute con visori e cuffie fanno del suo Anteo Rai Cinema Spazio Realtà Virtuale il primo cinema Vr in Italia con programmazione regolare. Se invece si volesse vivere l’esperienza del cinema come se si fosse a casa, Miro – Osteria del Cinema in Sala Nobel permette di bere un Chianti e mangiare un risotto ai funghi durante la visione di un film. Chi punta invece sull’atmosfera raffinata e sofisticata di altri tempi è il Lux di Torino, in galleria San Ludovico: ingresso imponente, marmi e grandi scalinate per uno stile e un’eleganza con pochi pari in Italia e che ricordano piuttosto quelli di tante sale europee. Come il Grand Rex di Parigi che ospita la più grande sala d’Europa, o il Teatro Tuschinski di Amsterdam, il Grand Eldorado di Bruxelles (tra i patrimoni culturali del Belgio), l’Urania di Budapest e il Kino Lucerna all’interno di un magnifico palazzo in stile Liberty a Praga. Simili, ma ancora più imponenti sono poi l’Elgin and Winter Garden Theatres, teatro ed eccezionalmente cinema di Toronto; mentre futuristico è il Neelam Theatre, cinema modernista all’interno dell’utopica città indiana di Chandigarh, progettata da Le Corbusier. Dall’eleganza delle esperienze d’oltremanica – quelle di Electric Cinema Portobello a Londra, Tivoli Cinema a Bath e Stella Cinema a Dublino – si è invece lasciata ispirare la famiglia Quilleri per i suoi boutique (o luxury) cinema Moretto a Brescia e Colosseo a Milano. Atrio con lounge, cocktail bar e bancone in stile americano, sale cinema con abat-jour su eleganti tavolini in legno e poltrone imbottite alternate a divanetti a due posti. Per un design che ricorda un ricercato salotto di casa, perché, nelle parole della famiglia Quilleri, “l’esperienza cinematografica del futuro sarà sempre più fatta di grandi film in sale belle, confortevoli e ricche anche di altro”.

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sito a notting hill, londra, l’electric cinema è uno dei più vecchi della gran bretagna.

design curato dell’area bar della luxury multisala moretto a brescia

I cinemini

Per i piccoli, la sfida è doppia. Da una parte, la necessità di reagire allo svuotamento e abbandono delle sale; dall’altra, quella di difendersi dalla tendenza alla concentrazione del settore e dalla crescente egemonia dei multisala, favoriti da economie di scala, rapporti privilegiati con le major cinematografiche e accesso alle tecnologie più d’avanguardia. Quindi, come si risponde? La scelta può essere di creare un legame con il pubblico e di far nascere un senso di comunità attorno a sé. Quindi, c’è chi prova a rimanere fedele a se stesso, in un’offerta di qualità, indipendente e d’essai radicata nel territorio. A Roma, il Cinema Nuovo Sacher e l’Azzurro Scipioni possono contare su angeli custodi: del primo è Nanni Moretti, secondo cui la chiave del successo risiede nell’avere “un’identità forte, rivolgersi a quel pubblico che si fida dei film che scelgo”; nel secondo Silvano Agosti, regista (e sceneggiatore, montatore, ecc…) che lo ha fondato e lo ha gestito sin dal 1982. Un ruolo che a Bologna spetta alla sua Cineteca, con il Cervi, il Lumière e la splendida sala Liberty del Modernissimo, riaperto poco più di un anno fa dopo 15 anni di chiusura. A Milano interessanti i casi del Cinema Mexico che dal 1981 proietta The Rocky Horror Picture Show, con annesso spettacolo dal vivo, e del Beltrade che da sala parrocchiale si è trasformato in un cinema con retrospettive, proiezioni e presentazioni di registi. Poi c’è Genova, che vanta la sala più antica d’Italia, quel Cinema Sivori che ha proiettato L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat dei fratelli Lumière il 30 maggio 1896, cinque mesi dopo la prima proiezione assoluta parigina. A Rimini il Fulgor, dove Fellini vide i suoi primi film, organizza visite guidate ai suoi spazi Anni 30. Tra i piccoli, meritano una citazione anche i piccolissimi. Come il Cinema dei Piccoli di Roma, dentro Villa Borghese: 63 posti e proiezioni per bambini, dal 2005 è inserito nel Guinness dei primati come “edificio più piccolo del mondo per spettacoli cinematografici”. U Cinemittu, aperto lo scorso agosto nel comune rietino di Longone Sabino (appena 513 abitanti), proverà con i suoi 12 posti nell’ex ufficio postale del paese a togliergli la corona. La lista è lunga e per fortuna mai esaustiva. Ci sono realtà che cambiano, si trasformano e si reinventano, provando a concepirsi e presentarsi come esperienze premium che insieme alle sale cinema offrono arredamento curato, caffè, bistrot, magari aule studio. E camminano sul filo sottile di chi cerca di modernizzarsi senza snaturarsi. A Roma, sotto l’egida della Fondazione Piccolo America, ha provato a farlo il Cinema Troisi: “uno spazio di cultura aperto a tutti, con una sala all’avanguardia, un’aula studio aperta 365 giorni l’anno per 24 ore al giorno, un foyer-bar e una splendida terrazza bar”. A Firenze, invece, c’è il Cinema Odeon – in stile Art Déco – che si definisce “una libreria-cinema, uno spazio tra libri, film ed eventi” e la cui sala si sviluppa intorno alla libreria e spazio espositivo Giunti. Per i veri cinefili, poi, una tappa al Cinema Godard nel contesto post-industriale di Fondazione Prada è d’obbligo: selezione curatissima e a fine proiezione un caffè al Bar Luce progettato da Wes Anderson. Dopotutto sembra che le sale abbiano ancora qualcosa da dirci e da darci. O possiamo consolarci con le parole di Monicelli: “il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente”. Anche perché, come ha detto Elio Germano: “Chi se ne frega se un film non fa ascolti? È un servizio pubblico, come la sanità, come l’istruzione”. Non puoi smettere di mangiare, di curarti, di istruirti, non puoi smettere di andare al cinema. Lo farai, al limite, seduto in sale tutte nuove.

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