DesignIntervista a Rana Salam: «Così ho reso il Libano attraente agli occhi del mondo»

Intervista a Rana Salam: «Così ho reso il Libano attraente agli occhi del mondo»

Keep cooking, continua a cucinare! Questa è la frase che Rana Salam ripete più spesso, mentre lavora ai suoi progetti di graphic design. Perché «nel design, come in cucina, sbagliare e andare avanti a provare va bene: è così che un layout o un piatto, magari grazie a un errore, diventano deliziosi». Ce lo racconta in videocall dal suo nuovo studio-boutique, dentro al complesso Starco di Beirut. È lì che, dopo l’esplosione che nel 2020 ha distrutto il vivace quartiere Gemmayzeh e inasprito la crisi economica del Paese, la designer libanese ha ricreato il suo universo scintillante e nostalgico, in cui souvenir di un passato glamour s’incontrano con stampe olografiche e colori pop. Rana Salam coltiva questa vocazione dai primi Anni 90, quando, fresca di laurea al Central St. Martins e di un master in Visual Communication e Art Direction al Royal College of Art di Londra, s’interrogava su come restituire un’immagine attraente e cool del suo Paese d’origine.

Rana Salam e l’arte di valorizzare il Libano

Ok, Rana Salam poteva sempre contare sulla cucina, «che era il modo in cui comunicavo all’inizio, e anche il valore più potente che i libanesi espatriati durante la guerra civile sono riusciti a portare oltre confine». Ma serviva anche un’arma che avesse impatto visivo. La soluzione è arrivata osservando delle locandine vintage di film egiziani, dipinte a mano e recuperate in un cinema abbandonato. Tutta quella bellezza e vivacità artistica andava tirata fuori dai cassetti e mostrata al mondo: da quel momento illustrazioni di dive del cinema, come Leila Mourad, musiciste, danzatrici del ventre, gite in scooter – simboli a noi ignoti della Dolce Vita sull’altra sponda del Mediterraneo –, mixate con scritte in arabo, fiori, melograni rivisitati con effetti ottici, sono diventati elementi distintivi del suo stile. Il primo lavoro ottenuto, grazie a questa prospettiva inedita, è stato il window design di Harvey Nichols a Knightsbridge; poi sono arrivate le grafiche per Liberty of London e Paul Smith.

I progetti del Rana Salam Studio 

Dal 2012 il suo Rana Salam Studio si divide tra Beirut e Londra, dove continua a sviluppare progetti internazionali, dal concept della catena di ristoranti Comptoir Libanais (di cui, visto che siamo nell’era del delivery, cura anche i dettagli del packaging fino all’ultimo pezzetto di scotch) alla creazione del caffè pop-up della Biennale di Istanbul, dall’immagine di Noura Street Food Libanais in Francia alla pool experience di Villa Chamoun Hotel, residenza costruita nel 1965 tra i cedri della valle di Qadisha, appena trasformata in un resort dal sapore rétro. In più, la designer firma collezioni di cuscini, piatti mix & match, bicchieri di carta, vassoi, grembiuli e asciugamani da cucina, che ora si trovano su ranasalamshop.com, insieme a una selezione di pezzi di modernariato mediorientale, scovati in giro per mercatini.

Sinistra: per la catena di ristoranti comptoir libanais in uk, la designer ha trasferito la sua visione su pareti, packaging, ricettari, barattoli... Destra sopra: uno dei visual creati per il ristorante libanese yamama di brema. Destra sotto: disponibili online, le stampe incorniciate e i cuscini multicolo

Ricostruire il Libano partendo dal design 

La sua non è solo ricerca espressiva, ma anche una forma appassionata di attivismo culturale, che ne fa una delle voci più interessanti della scena mediorientale. Tanto che alla fine di settembre è stata speaker della The Monocle Quality of Life Conference di Atene. «Sono stata invitata, con altri colleghi architetti, per parlare di come stiamo ricostruendo il Libano a partire dal design. Quello che faccio io è contribuire a promuovere la nostra cultura, attraverso prodotti accessibili a un largo pubblico, anche fuori dal Medio Oriente: uso il linguaggio della pop art per renderli seducenti, gioiosi, spensierati. Per l’ispirazione mi sono concentrata su immagini degli Anni 50, perché è il periodo in cui il Libano è diventato indipendente. Voglio raccontare come si è evoluto fino a oggi, superando la sua rappresentazione limitata e i cliché: se pensa al Libano, la maggior parte della gente visualizza il fez, il copricapo arabo, o vi associa arretratezza, guerra, propaganda politica. Se invece chiudo gli occhi e penso all’Italia, mi vengono in mente tante immagini diverse, perché avete avuto grandi maestri che hanno usato il design per raccontarla. Io cerco di fare proprio quello».

«Notare cose che per gli altri sono insignificanti»

Scopriamo che la sua sensibilità per le storie custodite dentro gli oggetti si è sviluppata fin da ragazzina, quando con il primo scooter donatole dal padre (l’architetto modernista Assam Salam, ndr) si avventurava tra le viuzze di Beirut. «Avete presente il libro Ways of Seeing di John Berger, quello che ti mettono in mano al primo giorno di scuola d’arte? Ecco, racconta esattamente come sono cresciuta con mio padre: lui mi ha insegnato a guardare. A notare cose che per gli altri sono insignificanti. Mi ha allenato a cercare il particolare che non ti aspetti», ricorda Salam, e continua. «Mia madre, dal canto suo, amava molto cucinare, era tornata dagli Stati Uniti dove aveva studiato, e dove in un certo senso si era americanizzata: da bambina ero circondata dai prodotti sgargianti figli della cultura pop, i preparati per dolci Betty Crocker, le gelatine Kool-Aid. Era una donna appariscente, amava la moda, il vintage, gli oggetti eclettici… È morta quando avevo dodici anni, il che ha influito sicuramente sul modo in cui lavoro, dal punto di vista emotivo. Ho compensato quella mancanza d’amore e ho riempito il vuoto con i colori e l’allegria dei miei disegni». Disegni che, dietro la giocosità e l’apparente semplicità, nascondono un metodo che, più che formale, è di concetto: Salam inserisce spesso nelle stampe delle sue grafiche un errore voluto, un mismatch ottico appena percettibile.

Il progetto più provocatorio di Rana Salam

Questa scelta, al di là della sua predilezione per il caos (come ci confessa, «infatti amo Hong Kong!»), vuole mettere in rilievo un altro aspetto del suo Paese. «Secondo l’Islam la perfezione è solo divina, quindi non può esserci niente di perfetto su questa Terra. Mio padre me l’ha spiegato mostrandomi dei tappeti antichi, in cui il tessitore aveva inserito una falla nel disegno, altrimenti sarebbe stata un’eresia. Diversi secoli dopo, io ci metto gli errori di stampa». Ce lo rivela inquadrando in video uno dei tanti campioni di tessuti che colorano lo studio e sottolineando che «io però non sono per niente religiosa». Potrebbe essere il “la” che aspettavamo per chiederle come le è venuto in mente di pubblicare, nel 2008, il libro irriverente Secret Life of Syrian Lingerie: Intimacy and Design (Chronicle Books), un excursus, con foto e interviste, tra i capi di biancheria intima più estrosi creati in Siria. «È stato il mio progetto più provocatorio e ribelle, ho scioccato il mondo», ride. «Ma è proprio questo il punto: l’opinione pubblica pensa che qui in Medio Oriente non facciamo sesso, che indossiamo tutte l’hijab e che stiamo chiuse in casa a fare la maglia. Ero stufa di questi stereotipi lontani dalla realtà, così ho deciso di rimpiazzarli con qualcosa che facesse dire “wow”. Adesso ci sono i social che aiutano a diffondere questi messaggi: come quando abbiamo postato su Instagram un reel sull’ispirazione delle danzatrici del ventre egiziane, e ci ho tenuto a ricordare che la belly dance è arrivata molto prima del twerking! Era una danza sensuale, sofisticata, con le ballerine che si arrampicavano sulla pancia del re ed erano considerate star. È iniziato tutto in Medio Oriente, eh».

I progetti futuri

Dopo questa immersione nelle suggestioni del passato, resta da chiedere a Rana Salam solo che piani ha per il futuro. «Sto lavorando al brand design di un ristorante libanese, che si chiama Lira come la moneta, e aprirà a Miami. E poi, mentre ero al Salone del mobile di Milano, mi sono venute delle idee per fondere le mie atmosfere vintage con due storiche bevande italiane…».

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