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Misschiefs

La formidabile Misschiefs

Basta una lettera per scardinare le consuetudini e capovolgere il mondo. L’inglese mischief si traduce con “dispetto”, “gesto di ribellione”, e si lega a sinonimi come prank, naughtiness, bad behaviour e misconduct. Aggiungendo però una “s” al centro e una alla fine, si definisce un ulteriore livello semantico: il neologismo misschiefs può essere letto come un composto di miss e chiefs, ossia “signorina” e “capi” o “boss”, un gioco di parole che bene descrive la piattaforma di design, arte e moda Misschiefs. La fondatrice è Paola Bjäringer, cresciuta a Parigi in una famiglia svedese e poi trasferitasi a Londra, dove ha frequentato un master in studi di genere. Tornata in Francia, ha esposto opere uniche di design di artisti del calibro di Matali Crasset, Mathieu Lehanneur e Arik Levy. Dopo sette anni nella capitale francese, Paola Bjäringer è tornata in Svezia, nella fredda Stoccolma – un trasferimento che ha portato una ventata di novità nella sua vita, risvegliando da un lungo torpore anche la lingua parlata in famiglia. Si è subito ambientata nel mondo dell’arte svedese e, per la settimana del design di Stoccolma nel 2020, ha organizzato il primo evento di Misschiefs.

Misschiefs

abito di grebnellaw.

A questa esposizione temporanea, allestita in un appartamento abbandonato nel cuore commerciale della città, hanno partecipato designer affermati come Åsa Jungnelius, Emma Marga Blanche, Sara Szyber e Anna Kraitz, ma anche esordienti come Maja Michaelsdotter Eriksson e Anna Nordström. Le opere esposte erano eterogenee: dall’installazione con tavolo di vetro e piccole lampade a parete di Jungnelius, all’asse da stiro rivisitata di Kraitz, all’armadietto di Szyber con l’eloquente titolo Death Proof Cabinet. Il minimo comun denominatore era la volontà di scardinare l’immagine statica del design scandinavo funzionale, minimalista e razionale, a favore di un approccio più sfaccettato, audace, sperimentale, anticonformista e punk. Il fatto stesso che fossero tutte opere di donne, transgender o persone non binarie voleva essere una forma di protesta contro i retaggi patriarcali che ancora dominano arte e design. Oggi Misschiefs si può definire una piattaforma itinerante che accoglie discipline diverse, dall’artigianato artistico al design, dall’arte alla moda, meglio ancora se mescolate fra loro per dissolvere e svuotare di significato concetti prestabiliti.

opere di lotta lampa, ellen hedin, linea matei.

foto dell’installazione fine dying, con opere di sara szyber, isa andersson, anna nordström e lotta lampa.

In quattro anni, Misschiefs ha oltrepassato anche i confini della Svezia. A settembre 2023 è stata presentata a Parigi Fine Dying, una tavola imbandita di creazioni dedicate alla scomparsa della casalinga tradizionale. Misschiefs ha trovato una seconda casa anche a Milano, dove nel 2022 è stata ospitata per la prima volta alla Fabbrica Bini. Movimento nebuloso, in costante evoluzione, che vuole abbattere le barriere, Misschiefs nel 2024 trova il suo punto di riferimento, oltre che nella project manager e facilitatrice Paola Bjäringer, nel desiderio incessante di sfidare e mettere in discussione lo status quo, offrendo a creatori spesso marginalizzati l’opportunità di esibire i propri lavori. Come dice Paola Bjäringer, il design, l’arte e le discipline affini sanno mettere a soqquadro il mondo e dare un taglio netto alle consuetudini, un po’ come i vetri di un caleidoscopio: «Bisognerebbe coinvolgere di più i designer nelle decisioni sociali e politiche! L’arte pone domande. Il design può dare le risposte. La loro azione combinata è incredibile!».

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