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La nuova Battersea, dalla mitologica copertina dei Pink Floyd a oggi

Chiunque si fosse trovato nella capitale inglese giovedì 3 dicembre 1976 potrebbe raccontare un episodio straordinario: quello di un maiale lungo 12 metri, di nome Angie, che spicca il volo dalla centrale elettrica di Battersea – un’area sulla sponda sud del Tamigi – per librarsi nei cieli di Londra e puntare dritto verso l’aeroporto di Heathrow scatenando il panico tra le autorità. Partenze e decolli vengono cancellati, gli unici ad alzarsi in volo sono gli elicotteri della polizia e della Royal Air Force per dare la caccia al misterioso suino volante, che nel frattempo plana sulle campagne del Kent terrorizzando una mandria di mucche al pascolo. Il mistero viene presto chiarito: l’oggetto non identificato altro non è che un pallone gonfiato sfuggito al set fotografico della copertina di Animals, decimo album in studio dei Pink Floyd. Il pasticcio rovinò lo shooting (il maiale fu aggiunto alla cover con un fotomontaggio), ma la pubblicità che l’evento portò alla celebre band fu spaventosa; non servì, tuttavia, a scongiurare la fine dell’agonizzante iconica centrale a carbone di Battersea, dismessa nel 1983 dopo quasi un secolo di onorato servizio (e di inquinamento) alla città. Eretta in due stadi tra il 1929 e il 1955 (la Seconda guerra mondiale non aiutò a rendere più celeri le operazioni), si narra sia a tutt’oggi l’edificio in mattoni più grande d’Europa: per la sua costruzione ne servirono sei milioni. A chiusura avvenuta, l’idea del Central Electricity Generating Board fu quella di raderla al suolo e vendere il terreno ai palazzinari di turno; fortuna volle che la centrale fosse un edificio protetto (dal 1980) e lo scempio non si materializzò. Battersea divenne allora il sogno proibito di businessmen e developer che se la contesero sfornando i progetti più bizzarri: la spuntò un consorzio guidato da due uomini d’affari di nome David Roche e John Broome, con l’idea di trasformarla in un parco tematico e collegarlo a mezzo bullet train con Victoria Station, nel cuore di Londra. Il tetto sarebbe stato in vetro, ogni piano avrebbe rappresentato un continente, con tanto di locali e ristoranti a tema; sottoterra avrebbe trovato posto l’acquario più grande del mondo, da visitare a bordo di mini-sottomarini.

veduta aerea del nuovo quartiere

Mongolfiere e sonde spaziali si sarebbero mosse tra un livello e l’altro e una copia del set minerario di Indiana Jones e il tempio maledetto, con tanto di vagoncini-ottovolante sarebbero apparsi sull’adiacente sponda del Tamigi. Tanta roba. I lavori iniziarono nel 1987, ma si schiantarono due anni dopo contro una muraglia di costi lievitata a dismisura, da 35 a 230 mln di sterline. Sul progetto calò il sipario, ma nel frattempo il tetto della centrale era stato demolito e il meteo londinese non ci pensò due volte a scaricare all’interno del gigante intere giornate di pioggia, peggiorando la situazione. Nei lustri successivi, una quantità di società, di progetti, di architetti, di mock-up e di indiscrezioni si ammassarono gli uni sugli altri dando vita a una telenovela in cui, nel 2008, finì anche la squadra del Chelsea, che avrebbe dovuto giocare (si mormorava) in un nuovo stadio sorto sulle ceneri di Battersea (i rendering si trovano ancora in Rete). Tanto per cambiare, finì tutto in un bicchier d’acqua, e quando ormai i londinesi si stavano rassegnando al peggio, colpo di scena: nel 2012, un consorzio malese che include i developer Sp Setia e Sime Darby Property si aggiudica l’area, e questa volta si fa sul serio. Al progetto enorme (nove miliardi di sterline) di ricostruzione e riqualificazione – basato su un masterplan in otto fasi dell’architetto Rafael Viñoly che vede l’ex power station come fulcro di un quartiere nuovo di zecca – partecipano anche studi del calibro di Foster+Partners e Gehry Partners. Tradotto in numeri, significa un’area di 17 ettari (quasi la metà in spazi pubblici e aree verdi) con 4 000 nuove abitazioni, oltre 250 tra negozi e locali e la creazione di 20 000 posti di lavoro. Serviranno anni prima di completare il programma, ma molto è stato fatto, inclusa la ricostruzione dell’intera centrale (un po’ centro commerciale, un po’ edificio residenziale, un po’ spazio per uffici), riaperta al pubblico in pompa magna il 14 ottobre 2022, 14 228 giorni dopo il suo ultimo sbuffo di fumo.

birdies: cocktail e crazy golf experience.

bounce, per gli amanti del ping pong

Nei 12 mesi successivi i tornelli di Battersea sono stati varcati da 11 mln di visitatori, merito anche di un sistema di trasporto pubblico nuovo di zecca. Non sarà l’avveniristico bullet train, ma l’alternativa è assai comoda: una stazione ad hoc della metropolitana sulla Northern Line e, per chi preferisce muoversi galleggiando, un approdo sul Tamigi per le Uber boat (tra i pendolari più illustri ci sono quelli della Apple, che ha trasferito dentro la centrale il suo quartier generale inglese). Di fantascientifico c’è invece un ascensore di vetro, il Lift 109: si paga un ticket di 15,90 sterline poi tre, due, uno… e via che si sale dentro un tunnel luminoso che sembra una pista di decollo della Battlestar Galactica. È invece una delle quattro ciminiere, interamente ricostruite seguendo le specifiche originali: una volta sbucati in cima, vi attende una vista panoramica di Londra che nemmeno al cinema.

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