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Manchester la metropoli dell’Inghilterra del Nord in permanente rivoluzione

Quest’anno c’è un posto che mette d’accordo National Geographic, Lonely Planet e Time Out. Manchester, profonda Inghilterra 300 km a nord-ovest di Londra, è stata incoronata da tutti i magazine di viaggio che contano la “destinazione da visitare nel 2023”. Ma prima di partire in quarta con le motivazioni di questo plebiscito, riavvolgiamo il nastro per capire come ci siamo arrivati.

Sono ancora sul treno che fa la spola dall’aeroporto quando Manchester mi accoglie con una foresta di gru, per dirmi che ancora una volta la città getta il cuore oltre l’ostacolo. Tagliamo corto sulla fondazione da parte dei Romani: il loro forte Mancunium dà il nome alla città e ai suoi abitanti, ancora oggi chiamati “mancuniani”. Sorvoliamo sui sonnacchiosi secoli da villaggio di piccoli artigiani e arriviamo dritti al ’700. Quando Manchester si ritrova seduta a capotavola nel pranzo di gala dell’economia mondiale. A imbandirle il desco, la stessa fibra tessile di cui son fatte le tovaglie: il cotone. Grazie al suo clima temperato e umido – I want to get back home to rainy Manchester, canta una vecchia ballata – e agli immigrati dalle Fiandre, il cotone trova l’habitat giusto per essere lavorato e confezionato. La miccia della Rivoluzione Industriale prende così fuoco e Manchester diventa la prima città industriale della storia. Dal Bridgewater Canal, canale artificiale inaugurato nel 1761, il carbone delle miniere di Worsley viene trasportato in città per essere ingerito dagli opifici; lungo i fiumi Irwell e Mersey, viene espulsa la biancheria che rifà i letti dei cinque continenti. Il centro di gravità del mercato non è più l’Europa, ma le colonie, e la capitale incontrastata di questo commercio globale viene soprannominata Cottonopolis (il nickname Madchester arriva parecchio dopo). In poco più di un secolo, nel nome del monopolio, è tutto un inaugurar ferrovie e scavar navigli, vedi il Manchester Ship Canal, trait d’union tra la città e il Mar d’Irlanda. Completato il canale, nel 1894 si vara il porto, il terzo più trafficato del Regno Unito. Cotonifici in mattoni rossi producono a ciclo continuo un immenso sudario che avvolge il Globo (dai 37 mln di metri di stoffa del 1795, si passa a 1 800 mln in 55 anni). Opulenti palazzi neoclassici e neogotici ostentano ricchezza. Le università formano la classe dirigente.

nei vecchi docks: hotel, cinema, abitazioni, uffici.

L’Altissimo vigila dall’alto della Manchester Cathedral. La popolazione lievita: da 17 000 persone nel 1760 a 180 000 nel 1830. Nel frattempo, a far andar di traverso l’abbuffata ci prova il 24enne Friedrich Engels con il volume La situazione della classe operaia in Inghilterra nel 1844. Perché la carne nel menu del banchetto è quella di uomini, donne e bambini. L’onda lunga dello sfruttamento si abbatte anche oltre Atlantico e il biasimo arriva fino ai giorni nostri. Il 28 marzo 2023, Katharine Viner, direttore del Guardian, quotidiano mancuniano, fa ammenda: “Suscita un profondo disagio sapere che uno dei miei predecessori, John Edward Taylor, e molti suoi finanziatori, hanno ricavato gran parte della loro ricchezza dall’industria del cotone. Questo commercio globale si basava sulle piantagioni nelle Americhe che avevano ridotto in schiavitù milioni di neri trasferiti con la forza dall’Africa”. Ma se alcuni teorizzavano il laissez faire, altri, sempre a Manchester, organizzavano il primo congresso dei sindacati. Il declino arriva per una serie di concause: dalla mancanza di modernizzazione dei processi produttivi, alla creazione del più economico rayon, dallo spostamento delle fabbriche più vicino ai luoghi di raccolta del cotone alla Grande Depressione. La Seconda guerra mondiale contribuisce, radendola al suolo con le bombe. La fine è decretata dal governo Thatcher (207 000 posti di lavoro persi tra il 1972 e il 1984 e chiusura del porto) e dagli attentati dell’Irish Republican Army (Ira). Ma dalla tabula rasa prende forma una nuova città, dopo che nel 1974 viene costituita Greater Manchester. In rapida successione, mentre il ’900 volge al termine, accoglie i primi spettatori la Bridgewater Hall, sala da concerti nel quartiere di Petersfield; iniziano i lavori di sviluppo dell’area di Spinningfields, cuore finanziario e dello shopping; viene completata Shambles Square, sulla quale si affacciano edifici originali del XVII secolo sopravvissuti sia alla guerra sia al terrorismo. All’alba del terzo millennio, la regina Elisabetta inaugura il centro per le arti The Lowry nella zona di Salford Quays. Siamo lungo il Manchester Ship Canal, dove si trovavano i magazzini del cotone e oggi sorge MediaCityUk. Trainano la nuova economia gli investimenti immobiliari, i mass media e l’hi-tech. Dall’altra parte del canale, nel 2002, spunta l’Imperial War Museum North, progettato da Daniel Libeskind. Nello stesso anno è completata l’area verde dei Cathedral Gardens. Nel 2006, la Beetham Tower diventa, con i suoi 169 m, il grattacielo più alto del Regno fuori Londra. Primato che detiene fino al 2018, quando arriva la South Tower, torre più elevata (200 m) delle quattro che formano il complesso misto residenze-uffici in Deansgate Square. Un report di Greater Manchester Housing Action, associazione il cui motto è “le nostre case non sono le tue risorse”, denuncia che “le aree centrali di Manchester sono diventate un punto chiave d’investimento per la finanza in cerca di profitto che si preoccupa poco delle comunità locali”. Nella prefazione del libro Manchester: Something Rich and Strange (2020), i curatori del volume Paul Dobraszczyk e Sarah Butler notano: “È come se si stesse creando una nuova città nel cuore della vecchia, ma di segno opposto. Un promemoria del fatto che forse nulla è davvero cambiato dal periodo vittoriano”. Stavolta, però, l’Altissimo, anziché lasciare che vigili dall’alto dei cieli, lo si guarda negli occhi. Dopo il pit stop Covid, la metamorfosi riprende. E non prevede soltanto mega loft per pochi.

passeggiando tra i canali in castlefield quarter

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lo science and industry museum ripercorre le conquiste dell’era industriale della città.

la birreria cittadina all’aperto diecast, con il birrificio interno e cucine per il bbq.

Il nuovo che avanza

Sono ancora sul treno che mi porta dall’aeroporto in città e, tra un cantiere e l’altro, ecco la punta dell’iceberg delle novità mancuniane: Factory International è un poliedro bianco di 13 350 mq nel quartiere di Spinningfields, destinato a diventare un punto di riferimento per l’arte nell’Inghilterra del Nord. Di fatto, visto che è costata 210 mln e 800 000 sterline, è già il più grande investimento britannico in un progetto culturale dall’apertura della londinese Tate Modern nel 2000. Secondo Bev Craig, presidente del Consiglio comunale, «creerà 1 500 nuovi posti di lavoro e porterà nelle casse della città oltre un miliardo di sterline». L’architetto olandese Ellen van Loon, che ha guidato i lavori di realizzazione del progetto firmato dallo studio Office for Metropolitan Architecture (Oma) di Rem Koolhaas, la descrive come «un incrocio tra un teatro fisso e un magazzino modulabile. Le pareti mobili di grandi dimensioni consentono infinite configurazioni, così ogni volta che si entra qui ci si trova in uno spazio diverso». Nei prossimi mesi, i motivi per entrarci non mancano. C’è la mostra You, Me and the Balloons dell’artista giapponese Yayoi Kusama, nostra signora dei pois e delle collaborazioni fashion. Da fine giugno è la location principale del Manchester International Festival, biennale di arte. La prima produzione site specific arriva a ottobre: Free Your Mind, performance immersiva diretta dal regista mancuniano doc Danny Boyle. In dieci minuti a piedi dalla Factory si raggiunge un’altra ambiziosa buona novella. Il Castlefield Viaduct, cavalcavia ferroviario lungo 330 m abbandonato dal 1969 e ora risorto a nuova vita come sky park, giardino sopraelevato tipo High Line di NY. Creato in collaborazione con il National Trust, rimarrà visitabile fino a luglio. Dato il successo di affluenza nei suoi primi mesi (10 000 persone), si spera diventi permanente. Fresco di un revamp da 15 mln di £, ha riaperto a febbraio il Manchester Museum. Gli originali edifici neogotici ospitano oggi 4 mln e mezzo di oggetti, tangibile compendio di archeologia, botanica, entomologia e zoologia. All’impianto originale del 1821 sono stati aggiunti due piani. Progettata dallo studio britannico Purcell, la nuova ala è rivestita da piastrelle di terracotta smaltata verde e ospita la prima galleria permanente del Regno Unito dedicata alle comunità dell’Asia meridionale. In sostanza, nella South Asia Gallery, la cui curatela è affidata a 30 artisti di origine asiatica residenti a Manchester, si approfondiscono temi come la relazione tra l’industria del cotone e l’indipendenza indiana; ammirare oggetti antichi, come pipe da oppio, e moderni.

l’home theatre manchester: cinema, teatri, eventi

Tra le nuove gallerie, la Chinese Culture Gallery e la Belonging Gallery, che analizza da diverse prospettive culturali il concetto di “appartenenza”. Chiedo a Georgina Young, Head of Exhibitions and Collections, qual è la posizione del museo, che fa del rispetto tra culture uno dei suoi obiettivi, riguardo al tema del rimpatrio: «Restituiremo le opere sottratte con violenza al Regno del Benin e nel 2020 abbiamo restituito 43 oggetti cerimoniali alle comunità aborigene australiane delle Isole dello Stretto di Torres». Non a un museo, bensì ai nativi per i loro rituali. Ancora sotto i ferri lo Science and Industry Museum, dove stanno rifacendo il tetto al suo edificio più iconico, la 1830 Station: prima stazione ferroviaria passeggeri al mondo e terminal della Liverpool-Manchester Railway, prima tratta ibrida merci e persone. Si passeggia già nel verde, invece, a Mayfield Park. Siamo a Piccadilly East, dove si stanno riqualificando 250 000 mq di una fabbrica metallurgica del 1870. Si chiama DieCast ed entro l’estate accoglierà i visitatori tra beer garden e cocktail bar. Oltre a innalzare il tasso alcolico, promette un ricco calendario di eventi. Soltanto alla Co-op Live (con 23 500 posti la più grande arena del Regno Unito) da dicembre se ne vedranno più di 120 all’anno. Così Greater Manchester sta un passo più avanti. 

il manchester craft and design centre.

i frequentati locali nel northern quarter

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