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Membership club, il tempo delle élite

L’uomo è un animale sociale: s’incontra e si confronta con i propri simili fino a trovare una sintesi che, talvolta, è detto business. Uno dei luoghi di questo confronto, a partire dal ’700, è il club, circolo di uguali tra loro (e diversi dagli altri) molto in voga soprattutto nel mondo anglosassone. Un posto esclusivo dove condividere valori o passioni, ci si può incontrare al bar o in palestra, incontrare clienti, partner, stringere conoscenze e alleanze. L’Italia dei membership club detiene il primato storico con il Circolo degli Uniti di Siena del 1657. Secondo sul podio un altro italiano, Francesco Bianco, che nel 1693 fondò il White’s di Londra. E oggi è entrata nel mirino di alcuni dei club più famosi al mondo. Gli inglesi di Soho House sono sbarcati a Roma da due anni e puntano Milano, dove aprirà anche il club newyorchese Core: che già ha fatto il pieno di iscritti. All’ombra della Madunina svetta anche Casa Cipriani, che mixa il Dna veneziano al know how Usa come i cocktail che un certo Hemingway si faceva servire all’Harry’s Bar. Messa così, il nuovo clubbismo si presenta come un segmento di nicchia del ben più ampio settore dell’ospitalità alberghiera che, tra ricavi diretti e indiretti, stando all’Osservatorio del Politecnico di Milano, qui da noi vale qualcosa come 35,8 mld di €. Un business di difficile quantificazione, soprattutto se consideriamo che molti di questi club nel nostro Paese sono ancora delle start-up. Ma guai a trascurare i dettagli: la domanda cui si rivolge è rappresentata da una clientela di assoluti big spender e leader di nuova generazione nel campo dell’arte, dell’architettura, del cibo, del turismo, della musica al fine di favorire l’interazione culturale e il new business; l’accesso, come ogni club membership che si rispetti, avviene attraverso presentazione da parte di altri iscritti. 

clubbismo

“core”: Milano

“core”: New York

clubbismo

“core”: Milano

Scommette sull’Italia Core: format ideato a New York nel 2005 da Jennie e Dangene Enterprise e che nel frattempo, nella Grande Mela, cambia sede per trasferirsi nel leggendario Coca-Cola Building al 711 di 5th Avenue. Tra le prossime aperture, però, la sede di Milano, e quella sulla West Coast a San Francisco. Perché Milano? «Quando stavamo cercando una sede in Europa», risponde Jennie Enterprise, founder e Ceo, «cercavamo un luogo culturalmente dinamico e di rilevanza internazionale come New York. È stato un importante membro di Core: a spingerci a guardare a Milano. Nel giro di pochi giorni eravamo in città e abbiamo capito che sarebbe stata la sede giusta. Tra il dinamismo imprenditoriale, la bellezza della città e la ricchezza della sua vita culturale, Milano ha superato ogni nostra aspettativa. Il profondo impegno, la passione per la cultura e l’incessante curiosità riflettevano la nostra concezione della vita come un viaggio di scoperta a tal punto da convincerci che il progetto di Core: avrebbe risuonato in modo così potente a Milano». La sede italiana si articolerà su cinque piani, per un totale di 4 000 mq, con servizi che andranno dalle otto suite al ristorante, dal teatro alla palestra fino al dangene institute, «una clinica rigenerativa preventiva che lavora sull’age optimization». L’iscrizione costa 12 000 € più il fee annuale, la cui quota cresce via via che ci si avvicina alla data di apertura: sono già oltre 500 i membri di Core: Milano, che per ora si godono l’articolato programma culturale destinato ai soci. L’Italia piace anche a Soho House, gigante del clubbismo d’élite nato nell’omonimo quartiere londinese negli Anni 90 della Cool Britannia. Un luogo che conta per quelli che contano: la vulgata vuole che Harry e Meghan si siano incontrati da loro la prima volta. Oggi il gruppo riunisce una quarantina di club dai Caraibi a Mumbai per un totale di 130 000 membri più una lista d’attesa di 59 000 persone. Fatturato: 1,1 mld di $. Nel 2021 Soho House si è quotata a Wall Street raccogliendo 420 mln di $ e, a fine anno, ha aperto a Roma, in San Lorenzo, ristrutturando una palazzina da dieci piani con rooftop, piscina e ristorante Cecconi’s. Creatività è la parola chiave: da qui la scelta di San Lorenzo, tra i quartieri più vivaci della Capitale, ma anche di Brera, dove dovrebbe sorgere la Soho House milanese. La crescita in Italia del gruppo non è detto si fermi qui, considerando che il Ceo Nick Jones non ha mai fatto mistero di vedere bene qualche suo club tra Toscana e Costiera Amalfitana. Filo rosso che unisce Italia e Stati Uniti, per storia e opportunità, quello di Casa Cipriani, club che la celebre famiglia veneta ha aperto a Milano nel 2022, un anno dopo New York. La location è Palazzo Bernasconi, residenza a due passi dai Giardini Montanelli nel portafoglio di Merope Asset Management, società di sviluppo immobiliare guidata da Pietro Croce con il 70% e partecipata con il 10% ciascuno dai Borromeo, da John Elkann e da Federico Imbert.

“aethos club milan” si trova all’interno dell’omonimo hotel di piazza XXIV maggio.

I servizi per i soci vanno dal Bar Arrigo al fitness center ancora alla Bakel Spa, fino ad arrivare al suggestivo Socialista Lounge che riproduce a Milano atmosfere cubane a tutto volume. Ma chi s’iscrive ai members club italiani? Possiamo parlare di un 50% di italiani e un 50% di internazionali nel caso di Aethos Club Milan, nato in seno all’omonimo hotel di piazza XXIV Maggio. Scelto soprattutto da manager e professionisti alla ricerca di un modello italiano, sperimentato nei Paesi anglosassoni. Il che spinse il patron di Aethos, Benjamin Habbel, a scommettere sul capoluogo lombardo nella primavera del 2022, offrendo servizi che vanno dalla palestra al ristorante Zaïa, al Doping Bar. «C’è un aspetto importante», sottolinea Irene Guiotto, general manager di Aethos Milan, «che ci differenzia rispetto ad altri club che arrivano in Italia e propongono lo stesso format che offrono in tutto il mondo: noi costruiamo il nostro calendario di eventi sulla base delle proposte che arrivano dai nostri membri. Il nostro può essere considerato un calendario taylor made. Per noi il concetto di community ha un valore fondamentale: ci piace considerarci una casa fuori casa». I prezzi di adesione vanno dai 1 000 € mensili per gli under 30 alla membership classica da 1 800 €, fino alla tessera “Founding” che si ottiene soltanto dietro invito. L’obiettivo è raggiungere i 200 iscritti entro fine anno, attraverso quello che il gruppo definisce un «processo di crescita organica». Quando si parla di clubbismo d’élite di ultima generazione ce n’è ormai per tutti i gusti, compresi quelli orientaleggianti (citofonare House of Ronin, in via Alfieri, Milano). Restano comunque tutti da valutare quelli che, da noi, potranno essere gli effetti di questo fenomeno globale nel medio lungo termine. 

la “soho house” di shoreditch

I club in Italia come dicevamo non sono mai mancati, basti pensare al Casino dei Nobili, tra i primi d’Europa, fondato a Girgenti, l’odierna Agrigento, nel 1747. Ci sono circoli antichi e prestigiosi, legati alla storia del Paese, in gran parte storia delle sue città: Milano ha la Società del Giardino, tra i dieci club più antichi del mondo, e il Clubino, datato 1901; Roma il Circolo della Caccia e il Circolo degli Scacchi; Torino il Circolo Whist che fu caro all’avvocato Agnelli. Poi ci sono i club che partono dalla pratica sportiva, ma sono stati spesso teatro di vicende centrali della politica e degli affari come il Circolo Canottieri Aniene nella Capitale. Ci sono poi mondi come Rotary e Lions, molto forti nel Mezzogiorno e non solo. Il nodo, per i circoli storici, è spesso il passaggio generazionale, terreno sul quale la concorrenza stile Soho House può far pesare la potenza di brand riconosciuti a livello globale. Ma, comunque la vogliate mettere, la lezione che si coglie da tutta questa storia è una: archiviata la stagione del lockdown, quando ci sembrava di poter fare tutto da casa nostra, ha vinto il ritorno alla dimensione sociale. Che si tratti di chiudere un contratto importante o farsi un Bellini con gli amici. O meglio ancora, tutte e due le cose insieme. 

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