Tashkent, sulla Via della Seta, aspettando la movida
Samarcanda, Bukhara, Khiva… Sono nomi che risuonano nell’immaginario collettivo e che ci riportano a un esotico passato d’avventure: quello dell’antica Via della Seta, di un altrove che s’intreccia al mito del viaggio in Oriente. Suggestioni che non vengono innescate dal nome di Tashkent. Relegata in secondo piano, la capitale uzbeka non ha mai fatto sognare né trattenuto a lungo i turisti di passaggio in Asia centrale. Vi sfidiamo a indicarla su una mappa – va beh, vi aiutiamo: è nell’est del Paese, vicino alla frontiera con il Kazakistan. Oggi, però, la città si prende la rivincita, esce dal suo cono d’ombra e toglie la polvere dall’immagine dell’intero Paese. I progetti si moltiplicano. Qui l’architetto Jean-Michel Wilmotte sta realizzando l’impressionante Centro della civiltà islamica, in cui tra l’altro sarà esposto uno dei più antichi corani al mondo. Lo Studio Ko (che ha firmato il museo Yves-Saint-Laurent a Marrakech) trasforma una vecchia stazione elettrica di tram nel Centro per l’Arte Contemporanea (Cca). Tadao Ando progetta un nuovo edificio accanto al Museo delle Arti. Senza dimenticare il Palazzo Romanov, che dovrebbe presto venire riaperto al pubblico. Tashkent realizza la propria “rivoluzione culturale”, guidata dal palazzo presidenziale. Creata nel 2017, l’Uzbekistan Art & Culture Development Foundation supervisiona questi progetti – eccetto quello di Jean-Michel Wilmotte – e lavora attivamente per promuovere la cultura locale all’estero (dove il nome di questo ente è più conosciuto che non in patria). I grandi approfondimenti sull’Uzbekistan al Louvre, all’Instituto del Mondo Arabo (sempre a Parigi) e alla Biennale di Venezia, sono promossi dalla fondazione, che fa brillare l’immagine del Paese e, allo stesso tempo, offre una bella vetrina a Tashkent. Ma avviciniamoci un po’ di più.
il complesso religioso hazrati imam.
la madrasa kukeldash, edificata nel 1570.
il museo statale delle arti applicate
Fascino sotto terra
La città (non bella, forse, ma nient’affatto brutta) è un luogo curioso. Naviga nel tempo come fosse sulle montagne russe… L’Unione Sovietica sembra che faccia sentire ancora la sua presenza, a partire dalle facciate moderniste dei suoi palazzi per finire alla metropolitana, inaugurata nel 1977. Sotto terra, gli abitanti viaggiano nel cosmo con Jurij Gagarin (stazione Kosmonavtlar) o si affollano nelle sale da ballo decorate dai migliori artisti sovietici (la falce e il martello sono stati nascosti in queste “gallerie d’arte”). Buona notizia: le foto sono finalmente autorizzate. Per l’atmosfera orientale presovietica, appuntamento invece nel dedalo di viuzze dei mahallas, quartieri tradizionali della città vecchia davvero affascinanti. Effluvi di fico si sprigionano da alti muri a secco e in mattoni; dietro, s’indovinano corti e giardini. Une capra bela accodandosi al canto del muezzin della moschea vicina. Più in là, il bazar di Chorsu – cuore vibrante di Tashkent – dispiega i suoi pomodori baciati dal sole vicino alle spezie trasportate lungo la Via della Seta.
kosmonavtlar, stazione della metropolitana dedicata ai cosmonauti sovietici (1984).
un render del museo statale d’arte progettato dal giapponese tadao ando.
Grattacieli e prati pettinati
La città vecchia rimpicciolisce ogni giorno un po’ di più. Le autorità di un tempo preferivano la modernità alla restaurazione, a costo di fare il vecchio con il nuovo, come per il complesso Hazrati Imam, tristemente ricostruito nel 2007. Il kitsch attuale trova i suoi fan al Magic City Park, per esempio, in cui è stata copiata piazza Registan di Samarcanda accanto al boulevard Saint-Germain di Parigi. Al diavolo la geografia e il buon gusto! La città sogna il suo nuovo quartiere megalomane, New Tashkent City, che dovrebbe accogliere un centro congressi, un nuovo aeroporto, così come residenze, uffici e attività commerciali. Per il momento, non si parla d’altro che di Tashkent City, 80 ettari lungo i viali di Navoi e Islam Karimov, che collegano le strade di Olmazor e Furkat, nel centro della città, con polo commerciale e direzionale, appartamenti e hotel (tra cui l’Hilton Tashkent City). Si sviluppa attorno a un parco con specchi d’acqua, spazi per concerti e giochi di luci. Gli alberi sono ancora molto giovani, ma anche troppo lontani dall’asfalto, che in estate brucia. Poco male, la sera le famiglie vengono qui a farsi i selfie davanti alle fontane danzanti del lago artificiale; le ragazze, invece, partecipano al deejay set all’aperto, con gli occhi incollati al loro cellulare (su Telegram, il social più utilizzato). Tashkent City, per molti, è un’illusione. La guardiamo dal caffè alla moda Arrows & Sparrows con Nikolay Kovalev, direttore associato Strategy and Transactions per la società di consulenza Ey. Che ci racconta: «La maggior parte degli appartamenti sono abitati da stranieri e uzbeki molto fortunati. Alcuni garage ospitano automobili Lamborghini. L’affitto è intorno ai 2 000 $ al mese, quattro volte (più o meno) il salario medio mensile. È difficile fare una stima dell’economia sotterranea, anche se il governo fa molti sforzi per combatterla, tendendo la mano ai datori di lavoro in regola. Secondo me, Tashkent è un po’ come Mosca negli anni attorno al 2005. Le prossime tappe sono molto prevedibili». Proprio così. Nei viali larghi come autostrade, le Chevrolet hanno sostituito le Lada. In città, ce l’hanno tutti e tutti hanno lo stesso modello bianco. Viene da chiedersi come si faccia a ritrovare la propria macchina nel parcheggio! L’Uzbekistan è il terzo Paese al mondo per la diffusione di Chevrolet, dietro al Brasile e alla Cina. La lista d’attesa è lunga, malgrado la produzione sia nazionale, nella fabbrica UzAuto Motors, a Asaka. Javohir Nurmetov va in direzione contraria, però. Non soltanto ha aperto Trianon Motors, una concessionaria multimarca di macchine elettriche cinesi (Byd, ossia Build Your Dreams, e Geely), ma anche il primo garage specializzato a Tashkent. «Lo scorso giugno, l’Uzbekistan ha importato 2 000 vetture elettriche. Prima, ne vendeva meno di 100 all’anno… Sono esenti dalle tasse d’importazione, al contrario delle macchine a benzina. Una Renault venduta da voi a 20 000 € qui viene venduta a 40 000 €», spiega Javohir in un francese impeccabile. L’ha perfezionato durante i suoi studi in Europa, quindi lavorando a Bruxelles e Ginevra per conto del suo Paese. Ha il senso della diplomazia e degli affari. E anche la giusta grinta. I cantieri immobiliari prendono il piede a Tashkent? Lui apre un’impresa di mobili in legno su misura, guidata da un maestro artigiano venuto dall’Iran. Con Javohir, in Uzbekistan sembra quasi di stare in Eldorado: «Il paragone è forte e forse un po’ ottimistico, ma le buone occasioni non mancano. La società dei consumi qui è allo stadio che l’Europa ha vissuto cinquant’anni fa. Provo a convincere gli europei a venire, ma sono più paurosi dei cinesi e dei coreani». Emmanuel Macron forse l’ha capito. Lo scorso novembre era qui, primo presidente francese dopo François Mitterrand (nel 1994) a mettere piede in Uzbekistan. Il suo pari uzbeko era già stato a Parigi. In seguito, la multinazionale Veolia (sede centrale a Aubervillier) ha vinto una gara d’appalto per la gestione della rete di riscaldamento urbano di Tashkent: un contratto di 30 anni, stipulato con il sindaco. Nel gennaio 2023, le temperature invernali estreme, unite alla scarsità di gas, avevano generato seri problemi. Alcuni abitanti hanno persino dovuto abbandonare le proprie abitazioni. Ora il Paese importa la materia prima dalla Russia. Insomma, non è tutto rose e fiori, a Tashkent. E resta ancora molto da fare.
il museo statale di storia dell’uzbekistan.
l’iconica cupola rivestita di piastrelle in ceramica smaltata del bazar chorsu, nel centro della città vecchia.
mercato interno nel bazar chorsu
Turismo in vista
Alla caduta dell’Unione sovietica, nel 1991, Islam Karimov è stato eletto presidente del Paese: sarebbe restato in carica fino alla sua morte, nel 2016. Durante i suoi 25 anni di dittatura e di isolazionismo, alla minima critica nei confronti delle autorità si finiva in prigione: c’erano orecchie ovunque, come all’epoca dell’Urss. Nessuna libertà di stampa, oppositori ridotti al silenzio. Quanto all’economia, resta statale, con il lavoro coatto nei campi di cotone (una delle prime risorse del Paese). La corruzione s’infiltra fino ai più alti gradi del potere. Poi, il cambiamento. Nel 2016, l’ex primo ministro Chavkat Mirzioïev viene eletto presidente con una percentuale “sovietica”, 88,6%, e poi rieletto con l’87,5% di voti la scorsa estate. A partire dal suo primo mandato, ha portato una ventata di ossigeno al Paese lanciando numerose riforme: liberalizza l’economia, apre le frontiere e smorza le tensioni con i Paesi vicini. Abolisce il lavoro forzato e tollera la pratica di un Islam moderato. Infine, l’intenzione di investire nel turismo, percepito come una leva potente da sfruttare a dovere e il settore non ha un ministero dedicato. Dalla scorsa estate, Aziz Abdukhakimov è vicepresidente della commissione governativa per lo Sviluppo del turismo. Un incarico che si aggiunge a quello di ministro dell’Ecologia e della Protezione dell’ambiente, che già riveste. Ci racconta: «Nel giro di pochi anni abbiamo tolto l’obbligo del visto per molti Paesi. Viaggiare è ora molto più semplice e così nel 2022 l’Uzbekistan è stato visitato da 5,2 mln di turisti. Sono numeri in costante aumento, grazie anche all’introduzione di diverse misure. Il governo sovvenziona fino al 20/25% della costruzione di alberghi da parte di investitori stranieri. A Tashkent, dove sviluppiamo hotel da tre a cinque stelle, sosteniamo anche gli imprenditori che aprono bed & breakfast». Nell’ottobre 2023 il Paese ha accolto l’assemblea generale dell’Organizzazione mondiale del turismo.
Un conto in banca
Chi dice turismo dice business, e chi dice business dice inevitabilmente denaro. A partire dal 2017, il presidente si è dedicato alla riforma del mercato finanziario e valutario. Anche la finanza viaggia oggigiorno a una velocità superiore. La banca georgiana Tbc Bank ha dato un bel colpo d’inizio aprendo Tbc Uz, una banca 100% online, diventata un modello per molti. In uffici che ricordano quelli di Google, il georgiano Spartak Tetrashvili, direttore generale di Tbc Uz, ci riceve vestito con una polo abbinata a scarpe gialle stile Kill Bill. Perché l’Uzbekistan? «Per ingrandirsi. Il mercato georgiano conta quattro milioni di abitanti, l’Uzbekistan ha 36 milioni di abitanti, con un’età media di 28 anni. Peraltro, condividiamo con quel Paese la collocazione geografica sulla Via della Seta e l’eredità sovietica. Nel 2018, l’accesso a Internet era del 75%, oggi ha raggiunto il 92%». Resta il fatto che il sistema bancario è particolare: la maggior parte degli istituti appartiene ancora allo Stato, nonostante le recenti privatizzazioni. Bisogna inventare tutto, ma già Tbc Uz può vantare un certo successo. «Abbiamo più di 40 000 depositi di privati cittadini e la metà oscilla dai 500 ai 1 000 $», aggiunge Tetrashvili.
elaborazione della strada pedonale broadway nell’ambito del progetto di design urbano “tashkent loves you”.
Nuovi universitari
Sabato mattina. La città sembra deserta. Niente affatto mattiniera, ama darsela a gambe. Il Lago Charvak per alcuni, Amirsoy Resort & Spa per altri. A 65 km dalla Capitale, nelle montagne di Tian Shan, il primo comprensorio sciistico moderno del Paese è il più frequentato dai politici e dei businessmen. Zafar Khashimov lo conosce bene, ma è nel suo ufficio, in città, che lo troviamo. Brillante matematico, potrebbe scrivere un libro sulla sua straordinaria success story nata tra le macerie del comunismo. Lanciava allora, a Tashkent, un sistema di distribuzione di beni di primo consumo provenienti dall’estero e una catena di supermercati in stile occidentale, Korzinka, che conta oggi più di cento negozi. Khashimov ha l’occhio vispo e scintillante, ormai s’interessa alla nuova generazione di imprenditori. Nel 2020, ha aperto la prima università privata della città, la Tashkent Entrepreneurship & Management University (Team): «L’insegnamento superiore era un affare di Stato, sotto l’ex presidente. Il sistema universitario offriva da 40 000 a 50 000 posti all’anno, mentre il Paese contava un milione di studenti. Nessuno ama parlarne: il sistema era corrotto. Oggi, invece, i posti sono quasi quadruplicati». Il settore è in pieno boom. Prova ne è che, a Tashkent, le università private crescono come funghi. Un vento nuovo soffia con forza sulla Capitale. Sulla scia degli ultimi prestigiosi alberghi internazionali , bar e ristoranti alla moda fioriscono con una lentezza orientale. Perché qui ci si prende il proprio tempo. Questi nuovi luoghi culturali danno un grande slancio alla città, anche se, chiaramente, celano la realtà del Paese, dove è ancora difficile esprimersi. Tre argomenti tabù: il presidente e la sua famiglia (onnipresente negli affari), la causa Lgbtq+ e la crescita dell’Islam. Malgrado tutto, Tashkent è una città dell’Asia centrale e i suoi abitanti hanno il cuore in mano. Disorientante, soltanto lei sa coltivare i contrasti e i paradossi così bene. È quasi pronta per lanciare la sua movida. E a noi non resta che incoraggiarla.