The Good Life Italia

Wild Life in Van

«All you need to start your nomad journey is a car, a destination, and a little imagination to be able to enjoy spectacular sunrises and sunsets». Così recita il claim di projectvanlife.com, uno dei siti più visitati da chi sogna (o ha già scelto) di viaggiare o – addirittura – vivere da nomade, sposando uno stile essenziale e a stretto contatto con la natura, spostandosi quasi ogni giorno, attraversando confini e Paesi, cucinando e dormendo in un van. Naturalmente glam e ben attrezzato. In realtà serve qualcosa di più. Incluso un discreto budget iniziale per comprare e modificare il furgone. Da soli (perché chi fa questa scelta, oltre alla vita spartana, ama il fai da te) o rivolgendosi a un’officina specializzata. Poi, per poter circolare, il mezzo va omologato, cosa che nel nostro Paese richiede una procedura non semplicissima. Nonostante questo, sempre più persone oggi scelgono di viaggiare così. A bordo di furgoni o scuolabus “customizzati” secondo il proprio gusto personale (c’è chi ama l’hi-tech, chi lo stile minimal, chi il “flower power”), gli obiettivi (vacanza o scelta di vita?) e, naturalmente, la disponibilità economica. «L’investimento è solo iniziale, poi parte il piano di ammortamento perché vivere in un van costa molto meno che in un qualsiasi appartamento e, in meno di un anno, si rientra del capitale», spiega Gianluca Gotto, torinese di nascita e oggi scrittore digitale giramondo insieme alla sua compagna. In viaggio quasi tutto l’anno (eccetto i 2 o 3 mesi stanziali a Bali, ormai “casa sua”) e lavorando da remoto: il suo blog mangiaviviviaggia.com oggi è un punto di riferimento per i vanlifer italiani e i suoi Ted Talks sulla felicità sono seguitissimi. «Senza fare troppi conti in tasca, grossomodo le uscite (tolta quella iniziale del mezzo) sono soprattutto legate alle spese per la sopravvivenza, al carburante per gli spostamenti e alla manutenzione del mezzo».

Van life

dal libro The Getaways, gestalten 2022: Jonathan Steinhoff / @seppthebu

dal libro The Getaways, gestalten 2022: Conor Lowndes / @our_venturing_van

A scegliere la vanlife in Europa – fino a ieri una pratica diffusa soprattutto negli Stati Uniti – nel 2022 sono state 820 000 persone di cui 50 000 italiani (dati di Yescapa, piattaforma di camper sharing in Europa). Non solo persone nostalgiche di uno stile di vita “hippie”, ma soprattutto giovani laureati dai 25 ai 35 anni, con un lavoro flessibile e una buona conoscenza delle lingue: nel 50% coppie, seguite da famiglie e gruppi di amici, spesso con animali domestici al seguito. Le ragioni di questa scelta sono soprattutto tre. La prima riguarda la libertà di spostarsi senza dover subire orari e attese imposte (come avviene in treno o in aereo). Poi la possibilità di fermarsi in luoghi dedicati e gratuiti, specie se si viaggia nel Nord e nell’Est Europa (nel nostro Paese, per esempio, il campeggio libero è vietato e oltre le 24 ore di sosta si rischiano multe fino a 500 €). Con un camper o un van, insomma, è quasi sempre possibile dormire e svegliarsi in posti stupendi. Ma a contare sono anche la comodità e la possibilità di cucirsi addosso il proprio habitat ideale che – con alcune modifiche essenziali – può garantire tutti i comfort, incluso l’angolo per continuare a lavorare e studiare. Un altro vantaggio? Per guidarlo basta la patente B. Solo per i camper che superano le 3,5 tonnellate infatti serve la C1. Di contro c’è che raggiungere “un posto top” può richiedere molte ore di guida e dover affrontare salite, sterrati e tornanti. A questo si aggiungono gli imprevisti: un pezzo del van malfunzionante (dall’aria condizionata al Wi-Fi fino all’illuminazione) o un’avaria del motore. «Per cominciare, a chi vuole fare da sé possono servire da 1 000 a 10 000 €, a seconda del mezzo a disposizione e dell’obiettivo. Ma, soprattutto, servono tanto lavoro, un garage per conservare attrezzi e furgone fino alla fine e non avere fretta», racconta Ashley Webber, idraulico inglese che, all’età di 24 anni, decide di modificare da sé il suo primo van e, visto il successo, di trasformare questa competenza in un lavoro (supertramped.co). 

dal libro The Getaways, gestalten 2022: @seppthebus

dal libro The Getaways, gestalten 2022: Conor Lowndes / @our_venturing_van

dal libro The Getaways, gestalten 2022: Conor Lowndes / @our_venturing_van

A dieci anni di distanza rivolgersi a lui vuol dire mettersi in lista d’attesa e spendere fino a 30 000 € per modifiche “chiavi in mano” che, però, permettono di partire assolutamente tranquilli. Vivere così, però, non è da tutti. Non bisogna essere per forza atleti, anche se molti tra questi nomadi tecnologici sono surfisti o climbers, ma servono doti di adattamento, creatività e soprattutto senso pratico. «La vita in un furgone può essere semplice o complicata, costosa oppure economica a seconda delle scelte che si fanno», raccontano Tanya e Arya, coppia di canadesi conosciuta come The Queen Beep (Instagram: the.queen.beep). «Se hai poco tempo per viaggiare e vuoi coprire grandi aree, la voce più importante di spesa è sicuramente quella del carburante, e può incidere moltissimo.  In cambio, però, conquisti la libertà di vivere dove vuoi, conoscere tante persone diverse, esplorare un territorio. Con, in più, la consapevolezza di avere un impatto minimo sull’ambiente. Sul nostro van i pannelli fotovoltaici forniscono l’elettricità e la connessione Wi-Fi che ci serve, usiamo solo prodotti ecologici e siamo attentissimi al consumo dell’acqua. In questo modo l’anno scorso abbiamo potuto vivere 12 mesi nel nostro furgone mentre, da quest’anno, ci muoveremo con la nostra skoolie (nda, uno scuolabus modificato). Però non abbiamo fretta: viaggiamo lentamente, mantenendoci con i lavori stagionali che man mano riusciamo a trovare, oppure con contratti a termine che possiamo gestire online. Per questo rimaniamo da poche settimane a un mese nello stesso posto: è il tempo necessario per entrare in contatto con la comunità locale, cercare lavoro nei market degli agricoltori e organizzarci. Per la notte, però, ci spostiamo e cerchiamo di scegliere aree di sosta free. Sono nei posti più belli…». Uno stile di vita così capillarmente diffuso da aver portato alla nascita di una piattaforma ad hoc: workaway, per chi cerca lavori in giro per il mondo in cambio di denaro, vitto e alloggio. Per Tanya e Arya uno dei viaggi indimenticabili è stato quello dal Canada fino alla punta meridionale di Baja California: «Abbiamo incontrato così tante persone fantastiche, visto posti meravigliosi, gustato cibo delizioso e condiviso esperienze indimenticabili. Il nostro furgone attrae naturalmente persone con la stessa filosofia di vita: anche se ci spostiamo in continuazione, sono nate grandi amicizie». Brianna e Keith, lei programmatrice lui guida escursionistica, hanno mantenuto i loro lavori e hanno deciso che non aveva più senso pagare l’affitto di un appartamento in cui passavano poche ore al giorno. Così si sono trasferiti in un vecchio Ford camperizzato. La differenza rispetto alla vita di prima? Pur lavorando, godono di molta più libertà. Quando staccano tornano alla loro “casa su ruote” e sono liberi di spostarsi per andare a passare la notte dove vogliono: in un deserto, sulle montagne, davanti al mare. Anche l’americana Gabrielle Nelson subito dopo la laurea ha pensato di poter lavorare (realizza prodotti artigianali) e viaggiare sul suo furgone Volkswagen del 1982. Mentre per l’australiano Max e la canadese Lee, la scelta è coincisa con l’inizio della loro storia d’amore. Si sono conosciuti su Tinder, rivisti in Australia e, in questo momento, stanno viaggiando in Sud America insieme al loro cane.

 

 

Foto dal libro: Getaways

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