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Rivincita indiana, dopo le auto, le moto inglesi passano di mano

Chiamatelo colonialismo di ritorno, spirito di rivalsa o attaccamento alla madrepatria del Commonwealth. Oppure è soltanto il mondo che cambia velocemente rendendoci testimoni di un’affettuosa rivincita industriale dell’India verso il Regno Unito. Non è un caso che, oltre alle auto Jaguar e Land Rover, anche i brand moto Bsa, Norton e Royal Enfield sinao ora in mano ai gruppi automotive del gigante asiatico. Che amano il feeling con l’estetica rétro inglese: il motore mono o bicilindrico verticale alettato, il serbatoio tondeggiante, i parafanghi arcuati, le cromature. Un tempo i prodotti battenti “Union Jack” recavano con orgoglio la dicitura Empire Made. Ora è la più potente delle ex colonie a drenare il sangue blu delle brit bikes, grazie alla forza del mercato interno. In questo Stato-continente, nel 2019 sono state vendute oltre 21 mln di due ruote, scese a seguito della pandemia a 13,5 mln nel 2022. Si tratta soprattutto di piccole cilindrate che garantiscono margini di guadagno limitati, ma sono cifre che fanno impallidire un mercato premium da 300 000 moto e scooter come quello italiano.

Le norton del nuovo corso sono la supersportiva v4sv (in apertura) e l’eterna commando 961.

Nel giugno 2008, destò sconcerto lo shopping del gigante Tata Group (il più grande costruttore indiano) che rilevò Jaguar e Land Rover dalla Ford per 2,3 mld di dollari – in contanti – per rilanciare i marchi puntando sui Suv di lusso. Se parliamo di moto, la storia era iniziata molto prima: nel 1952 quando la giovanissima Repubblica asiatica ordinò alla Royal Enfield 800 Bullet 350 monocilindriche. L’azienda inglese fondata nel 1901 – a oggi, il brand moto più antico in attività – non era in grado di costruirle. Così trasferì le linee di montaggio da Redditch, Worchestershire, direttamente a Chennai grazie alla partnership con la neonata Madras Motors. Il modello era ormai obsoleto, ma in India si rivelò così azzeccato da essere costruito dal 1960 fino a oggi, con minime variazioni di design. La semplicità rima con la solennità anche oggi che Royal Enfield Motorcycles è diventata una multinazionale da 762 660 moto vendute nel 2022. Detiene il 9,1% del mercato moto indiano, di cui monopolizza il segmento medio con il 92,4%. La svolta arrivò nel 1990, quando l’azienda al collasso fu salvata dal gruppo automotive indiano Eicher (veicoli commerciali e trasmissioni), con la quale si fuse nel ’94. Royal Enfield è rinata grazie a un management giovane e determinato che, da subito, ha puntato sull’espansione globale grazie ai prezzi competitivi del Made in India. E naturalmente al fascino dei suoi modelli “vintage dall’anima moderna”, costruiti nei due poli produttivi di Chennai e Vallam Vagdal, quest’ultimo capace di 600 000 pezzi all’anno a pieno regime. In parallelo, la “colonizzazione di ritorno” è stata completata prima con l’acquisto dell’inglese Harris Performance Products, azienda nota fra gli appassionati per il design e la costruzione di telai, quindi impiantando nel Leicestershire, non lontano da Redditch, un centro di ricerca e sviluppo nuovo di zecca, lo Uktc, che anticipa e segue la produzione dei nuovi modelli dal concept all’ingegnerizzazione, fino al prototipo e all’omologazione per i diversi mercati. Qualcosa suggerisce che l’espansione di Royal Enfield non sia finita, anzi: il costante e discreto aggiornamento qualitativo l’ha portata a vendere le sue Continental Gt, Interceptor, Himalayan e Meteor in oltre 50 Paesi. Nel 2015 ha superato le vendite globali di Harley-Davidson, “il” marchio che sul concetto di heritage ha costruito la sua forza. Questo singolare caso di studio anglo-indiano comprende altri due gioielli della corona motociclistica di Sua Maestà: Bsa e Norton. 

Una land rover, brand di tata dal 2008.

L'enduro stradale himalayan (royal enfield).

Ai bei tempi, negli Anni 50 e 60, erano il James Bond e il Manchester United, i Beatles e il David Bailey delle ruote a raggi. Godevano di una fama e di un’aura pop globali, che si sarebbero dissolte a causa della supponenza gestionale e dell’invasione di Honda e delle altre case giapponesi. La fabbrica di armi leggere Bsa (Birmingham Small Arms) si dedicò alle moto dal 1903. Dopo decenni di gloria e una serie di contorsioni societarie, le Bsa si spensero nel 1973. Nel crack fu coinvolta anche Triumph Motorcycles, che aveva rilevato 20 anni prima e che oggi è l’unica multinazionale rimasta in mani britanniche, grazie all’interessamento (all’inizio solo immobiliare) del costruttore edile John Bloor. Dopo quasi mezzo secolo di oblio, è intervenuto il gigante dell’auto Mahindra per resuscitare la Bsa. Due anni fa, la sussidiaria Classic Legends ha annunciato il primo modello del nuovo corso: non poteva che essere l’emblematica Gold Star. Vista da fuori, la monocilindrica da 650 cc e 45 cv è molto simile al modello che dal ’38 al ’63 agitava i sonni di ogni motociclista. Un aspetto che conferma come lo charme delle vecchie signore inglesi sia intramontabile da quelle parti. Di recente, ha fatto acquisti in Inghilterra anche il gruppo indiano Tvs, che nell’aprile 2020 ha rilevato la gloriosa Norton Motorcycles per 18,5 mln di €: il lieto fine – ci si augura – di un’interminabile vicenda di travagli, fallimenti e malversazioni finanziarie. Il precedente proprietario, il bancarottiere inglese Stuart Garner, aveva rilevato il marchio nel 2010 rilanciando lo storico modello Commando in versione 961 cc, una bicilindrica che interpretava perfettamente il trend modern classic del mercato moto. Senonché ne sono state costruite soltanto 2 500, a singhiozzo e con problemi di qualità che hanno fortemente pregiudicato la reputazione del marchio. Ora Tvs sta facendo le cose in grande. Ha messo sul piatto altri 46,5 mln di € per la costruzione di una fabbrica nella periferia di Birmingham, dove il marchio era nato 125 anni fa. Qui le Commando, debitamente aggiornate, sono costruite a mano con metodologia moderna nelle versioni Sp (Sport) e Cr (Cafe Racer/ naked). Di recente, il marchio ha svelato il modello sportivo V4sv, ispirata all’Isola di Man. Il nuovo direttore commerciale, Christian Gladwell, ha dichiarato che il futuro della Norton sarà di diventare il primo marchio di moto elettriche di lusso, preservandone il design tradizionale. Uno strabismo preveggente.

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